Anche il rettore dell’Università di Bologna Francesco Ubertini, pur non avendolo sottoscritto in prima persona, condivide l’appello, nato da un’iniziativa del gruppo di Firenze per la scuola del merito e della responsabilità, per promuovere il rilancio dello studio della lingua italiana nelle scuole secondarie di primo e secondo grado. L’appello, che ha già ottenuto le adesioni di più di seicento accademici su tutto il territorio nazionale, costituirebbe «un segnale d’allarme che riguarda tutti i corsi di studio del nostro ateneo», un fenomeno non nuovo agli occhi dei suoi docenti, come ha spiegato Ubertini durante una conferenza stampa per presentare le nuove modifiche statutarie della sede bolognese dell’Alma Mater Studiorum. Nel nuovo progetto, infatti, è stato annunciato lo sviluppo di nuovi corsi con l’aiuto offerto dal dipartimento di Italianistica per potenziare le competenze degli studenti nella scrittura, l’analisi e la sintesi di testi. Essi però non dovranno essere visti come semplici corsi di recupero sulla lingua italiana, la loro funzione sarà esclusivamente quella di potenziare le capacità comunicative scritte e orali dei loro inscritti, offrendo un prezioso supporto alle discipline da loro studiate.
Già in passato con la nuova riforma e l’introduzione nei corsi dell’ateneo di prove obbligatorie per la verifica dei requisiti di accesso, con l’eventuale attribuzione di un obbligo formativo aggiuntivo (OFA) nel caso in cui l’esito della prova risultasse negativo, si era cercato di apportare delle prime soluzioni al problema, cercando di garantire fra le matricole una preparazione di base il più possibile uniforme. In particolare le prove elaborate per i corsi della scuola di Lettere e Beni Culturali hanno la funzione principale di verificare le capacità di espressione, comprensione e interpretazione dei testi e documenti in lingua italiana, nonché le competenze logiche e di ragionamento di ogni singolo studente. E i risultati anno dopo anno meno lusinghieri, che vedono un numero sempre maggiore di giovani matricole obbligate a sottoporsi a dei corsi di recupero con frequenza obbligatoria per porre rimedio alle lacune emerse dal test, sono sintomatici di questo declino dello studio della lingua nazionale denunciato dagli stessi accademici.
«È chiaro ormai da molti anni che alla fine del percorso scolastico troppi ragazzi scrivono male in italiano, leggono poco e faticano a esprimersi oralmente. Da tempo i docenti universitari denunciano le carenze linguistiche dei loro studenti (grammatica, sintassi, lessico), con errori appena tollerabili in terza elementare. Nel tentativo di porvi rimedio, alcuni atenei hanno persino attivato corsi di recupero di lingua italiana». Così inizia la lettera inviata dai seicento accademici all’attenzione del governo, del parlamento e della ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli. In essa, sottoscritta non solo da docenti, ma anche accademici della Crusca, linguisti, storici, rettori universitari e filosofi fra i quali Massimo Cacciari, Ernesto Galli Della Loggia, Luciano Canfora, Marcello Messori e Carlo Fusaro, si denuncia come «A fronte di una situazione così preoccupante il governo del sistema scolastico non reagisce in modo appropriato». Ma l’iniziativa promossa dal gruppo di Firenze non si limita a denunciare il problema, lo stesso documento elaborato dagli accademici suggerisce delle linee guida pratiche per affrontare il problema. Si avverte la necessità «di una scuola davvero esigente nel controllo degli apprendimenti, oltre che più efficace nella didattica, altrimenti né l’impegno degli insegnanti, né l’acquisizione di nuove metodologie saranno sufficienti» ed è a questo scopo infatti che le linee di intervento proposte prevedono:
– una revisione delle indicazioni nazionali che dia grande rilievo all’acquisizione delle competenze di base, fondamentali per tutti gli ambiti disciplinari. Tali indicazioni dovrebbero contenere i traguardi intermedi imprescindibili da raggiungere e le più importanti tipologie di esercitazioni;
– l’introduzione di verifiche nazionali periodiche durante gli otto anni del primo ciclo: dettato ortografico, riassunto, comprensione del testo, conoscenza del lessico, analisi grammaticale e scrittura corsiva a mano.
– Sarebbe utile la partecipazione di docenti delle medie e delle superiori rispettivamente alla verifica in uscita dalla primaria e all’esame di terza media, anche per stimolare su questi temi il confronto professionale tra insegnanti dei vari ordini di scuola.
Diana Avendaño Grassini
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