Numerose sono le opere d’arte di manifattura esclusivamente italiana che vengono esposte in musei stranieri: dalla Gioconda di Leonardo Da Vinci in mostra al Louvre di Parigi, al Davide e Golia di Caravaggio custodito al Museo del Prado di Madrid. È proprio su un altro dipinto di Michelangelo Merisi che Vittorio Sgarbi, noto critico d’arte, ha denunciato questa diaspora di beni culturali dall’Italia. Intervenuto su Sette, si è così espresso: «È arrivato il momento d’indicare alcune gravi contraddizioni nell’esercizio della tutela del nostro patrimonio artistico». Tutto ciò è detto anche alla luce di avvenimenti passati: infatti, tempo addietro, l’Italia si è mobilitata per far rientrare in patria opere di modesto valore. A suo dire, oggi non ci sono carabinieri o magistrature che si offrano di andare in quel di New York e pretendere indietro, documenti alla mano, uno dei più famosi capolavori di Caravaggio «esportato abusivamente e tranquillamente esposto al Metropolitan Museum». Il quadro in questione è la Negazione di San Pietro: dipinto olio su tela di 94×125,5 cm e realizzato a cavallo tra il 1609 e il 1610, è rimasto in suolo italiano fino alla fine degli anni sessanta, per l’esattezza dopo che il restauratore Pico Cellini l’aveva riconosciuto nella collezione della principessa Elena Imparato Caracciolo a Napoli. Il quadro è una delle ultime opere del Merisi (l’ultima, per essere precisi è il Martirio di Sant’Orsola, a oggi presentato a Palazzo Zevallos di Napoli).
L’appello arrabbiato di Sgarbi è diretto a Dario Franceschini, Ministro dei Beni Culturali. Secondo quanto riporta Il Corriere del Mezzogiorno, il critico d’arte sosterebbe che la Negazione di San Pietro fu esportata «illecitamente» – come tra l’altro indica Maurizio Marini in una sua celebre monografia su Caravaggio – «in una collezione privata svizzera a Losanna, da dove, attraverso la mediazione dello scaltro restauratore Dik, passò all’antiquario Julius Waitzner a New York». Poi Sgarbi prosegue nella ricostruzione chiarendo che «successivamente nel 1981 venne acquistato da Herman Shickman che lo espose a Londra nell’82′, a Washington nell’83′ e a New York nell’85′, prima di cederlo, infine, a Lila Acheson Wallace che, nel 1997, lo dona al Metropolitan museum of art di New York». Conclude poi: «La traccia del percorso del dipinto, nonché la mia diretta conoscenza degli eredi e le pubblicazioni che descrivono le vicissitudini di esso, ne indicano inconfutabilmente l’uscita illegale dall’Italia». Dunque, il critico di Ferrara accusa palesemente Keith Christiansen, direttore del Metropolitan, di conoscere perfettamente la storia del quadro e la sua provenienza abusiva. Tuttavia, non è la prima volta che in Italia trapela una storia così: la prima volta in assoluto è stata narrata da Maurizio Marini anche sulla rivista Napoli nobilissima nel 1973.
La famosa enciclopedia online Wikipedia riporta quanto segue: «Originariamente di proprietà del cardinale Paolo Savelli, passò di mano in mano fino ad arrivare in quelle del collezionista Herman Shickman, che lo donò al Metropolitan Museum nel 1997». È proprio in quel “di mano in mano” che risiede l’illiceità del suo percorso.
Francesco Raguni
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