Fondata nel lontano 1985, la RSF (Reporters San Frontières) è un’associazione non governativa nata in Francia, che si pone come obiettivo principale quello di difendere la libertà di stampa. Quest’organizzazione è riconosciuta in tutto il mondo e presenta il punto di riferimento per i giornalisti che fanno della libertà di parola e della stampa libera il proprio credo. Ben più famosa e apprezzata è inoltre la classifica annuale che ogni anno viene stilata da tale associazione per riassumere la situazione di giornalisti e collaboratori di tutto il mondo. Com’è andata quest’anno?
Grande balzo dell’Europa del nord, che nel complesso si piazza come area più tutelata del continente. Delude invece l’America, che si fa addirittura superare dall’Africa, mentre l’Asia, la quale da tempo immemore rappresenta la patria dell’ostruzionismo e della sudditanza psicologica, resta ancorata al suo ultimo posto, grazie alle situazioni incresciose di Cina (176° posto) e Corea del Nord (Penultimo posto, davanti alla sola Eritrea). Impossibile non notare, però, la posizione ben poco decorosa in cui è stata relegata l’Italia, che non solo fa parte della regione con il tasso di libertà di stampa più alto, ma che sancisce tale diritto all’interno dell’articolo 21 della Costituzione e che quindi, ne erige il rango a pilastro portante dello Stato. Si parla del 77° posto, con tanti saluti da nazioni quali Nicaragua, Botswana e Burkina Faso, con i dubbi del caso che legittimamente assalgono gli italiani di ogni dove: certamente ci si sarà chiesti, anche solo per un attimo, se davvero nel Belpaese si è messi peggio che in Africa e nel Centro America.
Non è un mistero che lo Stivale viva da più di trent’anni un degrado senza eguali dei processi democratici (ricordiam, al riguardo, che il suddetto Paese è uno dei pochi con un Presidente del Consiglio non eletto dalla popolazione), con le dubbie qualità della classe dirigente e politica precipitate negli abissi più profondi della corruzione. Tuttavia, quali sono le vere motivazioni che ci hanno portato sotto tutti gli stati del vecchio continente, con solamente Grecia, Cipro e Bulgaria dietro di noi? Ebbene, il primo dato parla di giornalisti in numero tra 30 e 50 che si trovano sotto protezione dalla polizia per minacce dalla criminalità organizzata; sono addirittura 2 quelli condannati a 8 anni di reclusione per aver svelato in due libri (Vatileaks e Vatileaks 2) tutti gli “affari” della Santa Sede. Tale breve e sintentico sunto della frustrante situazione alla quale è costretto un qualunque giornalista della nazione fa pensare senza difficoltà a una libertà di stampa repressa, dal troppo clientelismo nel settore dell’informazione e da un clima intimidatorio creato da cariche politici e cariche clericali.
L’esistenza di editori disinteressati, inoltre, è pressoché esistente, grazie anche e soprattutto ai giornali politicamente schierati: un esempio? La RAI concorda le domande con Riina jr. e la Mediaset appartiene alla famiglia Berlusconi. Nel frattempo, le intercettazioni telefoniche sono ormai un miraggio per le inchieste più scottanti, mentre le querele per diffamazione innumerevoli e ingiustificate, spesso dettate da semplici denunce in TV locali. È una situazione che, ad ogni modo, peggiora in tutto il mondo. Se, infatti, le prime cinque posizioni sono legittimamente occupate da Finlandia, Olanda, Norvegia, Danimarca e Nuova Zelanda, più giù i sorpassi sembrano dettati maggiormente da demeriti di altri che da meriti propri. Così, la Svizzera passa dalla ventesima alla settima posizione senza grossi cambiamenti interni, la Tunisia e l’Ucraina avanzano grazie alla fine dei relativi conflitti, mentre il governo ultraconservatore polacco e la sharia determinano il declassamento di Polonia e Brunei.
«Tutti gli indicatori della classifica mostrano un deterioramento – dichiara Cristophe Deloire, segretario generale RSF – molte autorità pubbliche lavorano per recuperare il controllo dei loro Paesi e temono che il dibattito pubblico sia troppo aperto, il livello di violenza contro i giornalisti è allarmante.» Parole che sembrano essere più di una sentenza e che dovrebbero far “scattare la sirena” in Italia e non solo.
Francesco Mascali
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Proprietario, editore e vice direttore di Voci di Città, nasce a Catania nel 1997. Da aprile 2019 è un giornalista pubblicista iscritto regolarmente all’albo professionale, esattamente due anni dopo consegue la laurea magistrale in Giurisprudenza, per poi iniziare la pratica forense presso l’ordine degli avvocati di Catania. Ama viaggiare, immergersi nelle serie tv e fotografare, ma sopra tutto e tutti c’è lo sport: che sia calcio, basket, MotoGP o Formula 1 non importa, il week-end è qualcosa di sacro e intoccabile. Tra uno spazio e l’altro trova anche il modo di scrivere e gestire un piccolo giornale che ha tanta voglia di crescere. La sua frase? «La vita è quella cosa che accade mentre sei impegnato a fare altri progetti»