Immaginate la scena. Siete in compagnia di un conoscente ma, mentre chiacchierate piacevolmente del più e del meno, quest’ultimo si lascia scappare un fastidioso «se dovrei». D’accordo, si tratta soltanto di uno scivolone linguistico, può capitare a chiunque, eppure scatena in voi l’irrefrenabile voglia di fuggire a gambe levate. Correggerlo o non correggerlo? Un vero dilemma. Essere attenti difensori della lingua non è affatto un difetto, tuttavia potrebbe dipendere dal carattere e potrebbe, altresì, indicare una natura meno gentile con il prossimo.
Le lingue umane, per propria tendenza, non sono immutabili, anzi: cambiano nel tempo per adeguarsi a contesti sempre nuovi. Nuove parole vengono coniate continuamente, altre vanno in disuso e quelli che un tempo erano errori diventano la norma. Con l’avvento delle piattaforme social, poi, si è stati testimoni dell’evoluzione del linguaggio, il quale si è fatto sempre più veloce e immediato, benché talvolta meno attento a grammatica e sintassi. E così, non di rado, può capitare di imbattersi in verbi malamente coniugati, in errori ortografici grossolani o in abbreviazioni improponibili, per non parlare del caro vecchio congiuntivo, oramai nemico giurato di alcuni parlanti. Per molte persone, i suddetti non saranno altro che abbagli sui quali sorvolare, per altri possono rappresentare, invece, una vera e propria tortura per gli occhi o per le orecchie. Sono i “precisini” della lingua, i pignoli se volete, quelli i quali su certi sbagli proprio non riescono a passar sopra e devono subito proporre una correzione. Da cosa dipende, dunque, quest’ossessione per la correttezza grammaticale?
Secondo due ricercatori della Michigan University il fenomeno sarebbe fortemente legato alla personalità e testimonierebbe, inoltre, indice di un carattere meno disponibile e cortese verso gli altri. Si tratta, nello specifico, degli scienziati Julie E. Boland e Robert Queen, rispettivamente docenti del dipartimento di Sociologia e di quello di Linguistica. Questi ultimi, incuriositi dalla diversità di reazione dinanzi a certi errori, avrebbero costatato come le persone più severe e intransigenti in materia di grammatica siano anche meno gentili, a differenza delle persone più aperte, le quali, al contrario, vi passerebbero sopra con più serenità. A sostegno della tesi, esposta sul sito Plos One, i ricercatori hanno condotto un semplice esperimento su un campione di ottantatré persone, a cui sono state inoltrate una serie di e-mail: le une contenevano errori di battitura, le altre con sviste grammaticali, mentre altre ancora non avevano alcuna pecca. I partecipanti all’esperimento, tutti di madrelingua inglese, sono stati selezionati tramite Amazon Mechanical Turk e pagati un solo dollaro. Una volta compilata una scheda sulle proprie abitudini personali, l’età, il sesso e il carattere, a ognuno dei candidati al test è stato poi chiesto di valutare un fantomatico coinquilino, basandosi su dodici messaggi di posta elettronica ricevuti e dovendo assegnare a ciascuna missiva un giudizio da uno a dieci, fermo restando che le parole “incriminate” consistevano, comunque, in termini dal suono simile a quelli corretti grammaticalmente (ad esempio «you’re» al posto di «your»). Il reportage ha fatto giungere alla conclusione che, se le persone di natura gentile riescono a sorvolare sugli scivoloni linguistici, le persone meno cortesi non riescono a tollerare le deviazioni dalla norma. Parallelamente, anche gli individui dall’indole introversa sarebbero maggiormente infastiditi dagli sbagli linguistici rispetto alle persone estroverse.
Stando, tuttavia, alle parole del professore di Linguistica all’Università di New York, Gregory Guy, la scoperta di Boland e Queen non sarebbe poi così eccezionale. «Ho sempre immaginato», afferma, «che determinate attitudini linguistiche fossero legate a determinati tratti della personalità». In ogni caso, riconosce l’originalità della correlazione tra lingua e personalità, trattandosi di un campo di studi relativamente recente, e continua sostendendo che «è interessante notare come caratteristiche psicologiche incidano sull’ostilità di alcuni al cambiamento linguistico». Sarà, dunque, che l’ossessione per la grammatica dipende dal carattere, sarà che in verità alcune sviste fanno davvero accaponare la pelle, resta comunque vero che il linguaggio è la più alta espressione della natura umana, ciò che la distingue dalle altre specie animali. Meriterebbe, quindi, una maggiore considerazione, un’attenzione particolare, pur senza dimenticare fino a che punto le lingue siano convenzionali e, per ciò, mutabili nel tempo. Se arroccarsi dietro rigide norme potrebbe essere, pertanto, sconsigliabile, sarebbe meglio contemporaneamente cercare di evitare i piccoli o grandi “lapsus” che rendono una conversazione inascoltabile o uno scritto illeggibile. E, in caso di dubbio, ricorrere al buon vecchio dizionario.
Debora Guglielmino
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