Il mondo in cui viviamo nel 2018, è possibile dirlo, non è più lo stesso di circa 150 anni fa. Cifre astronomiche secondo alcuni, da accapponare la pelle secondo altri, ma, nello specifico, più che veritiere e fondate. Di cosa si parla? Esattamente del cambiamento climatico, la piaga che, appunto, da 150 anni ha cominciato, sempre più, ad attanagliare il pianeta Terra grazie all’incuria dell’essere umano. Basta guardare quanto accaduto il 19 ottobre scorso nell’area del Calatino in Sicilia: in seguito a piogge torrenziali durate più di quattro ore, nella notte, un’alluvione potentissima ha colpito alcuni paesi – in particolare, Scordia, Palagonia, Agira e Ramacca – inondandoli con acqua e fango.
Questi, non hanno lasciato scampo a strade, case e mezzi di locomozione. Anche paesi come Mineo, Militello e altri, compresa l’autostrada Catania-Gela, completamente allagata dall’esondazione del fiume Simeto, sono stati coinvolti nel dramma, ma in misura minore rispetto a quanto accaduto nelle suddette località.
Un fulmine a ciel sereno: nessuno si aspettava di svegliarsi sommerso da acqua e fango, con strade smottate, negozi, case e garage allagati, nonché macchine, probabilmente, da buttare via. Difatti, quelle citate non sono aree ad alto rischio di piogge torrenziali, tifoni, alluvioni e altro, ma, negli ultimi anni, sembra che il cambiamento climatico stia mutandone, forse irreversibilmente, le condizioni.
Ovviamente, in molti diranno che “non sono prevedibili cose del genere”, ma non è sempre così. A tal proposito, nella puntata del 17 ottobre de Le Iene, Nadia Toffa ha realizzato un servizio con Simone Monteni, responsabile scientifico di Lifegate, in cui spiega agli italiani il perché di determinate tragedie, che il Belpaese non aveva mai conosciuto prima d’ora.
Rispetto a 150 anni fa, infatti, si parla di un rialzo della temperatura globale di 1 grado centigradi a causa all’emissione di gas serra come il metano, ma, soprattutto, di CO2 nell’atmosfera. Invero, da quando l’uomo ha scoperto che combustibili fossili, come il petrolio, possono essere riutilizzati per la produzione di mezzi pubblici veloci, aziende efficienti e quant’altro, quella sorta di “corsa all’oro” è diventata inarrestabile.
Già nel 1900 si parlava di “ghiacciai che impazziscono” e cambiamenti climatici potenzialmente pericolosi per il nostro pianeta. Non a caso, l’11 dicembre del 1997, oltre 180 Paesi riuniti a Kyoto siglarono il cosiddetto Protocollo di Kyoto, in cui ognuno s’impegnava, attraverso determinati quantitativi di CO2 da suddividere secondo le proprie aziende inquinanti, a diminuire sostanzialmente le emissioni di gas serra.
Entrato in vigore il 16 febbraio 2005, in realtà il Protocollo di Kyoto si è rivelato un vero e proprio flop. Ogni azienda, dovendo acquistare a costi troppo onerosi quantitativi di CO2, la produzione si è automaticamente spostata in Paesi come la Cina, la quale, al tempo, era ancora in una fase di evoluzione, rendendo, quindi, vano quanto stabilito.
Le soluzioni al problema esistono, e come spiega Monteni, queste soluzioni prendono il nome di energie rinnovabili. Secondo il luminare, basterebbe, infatti, utilizzare solamente il 3% della superficie del deserto del Sahara, dotandola di pannelli solari termodinamici, per produrre più di tutta l’elettricità che si consuma, giornalmente, nel mondo. Questo aiuterebbe di gran lunga a evitare che quel 1 grado centigradi dell’atmosfera passi a 1 grado e mezzo, avvicinandosi sempre più ai 2, i quali equivarrebbero, probabilmente, all’inizio di una nuova era climatica.
Vi sono anche altre soluzioni al problema del surriscaldamento globale, come la progettazione di macchinari in grado di aspirare CO2 dall’atmosfera per poi indirizzarla sotto terra, ma anche queste sono apparecchiature particolarmente costose, che, rispetto al passaggio alle energie rinnovabili, costano molto di più. Facendo un calcolo approssimativo, l’uomo non si rende conto che spende molti più soldi nel riparare i danni derivanti dalla forza, a volte, distruttiva della natura, rispetto a quanto spenderebbe nell’adoperare attrezzature per la produzione di energia solare, nonché, appunto, rinnovabile.
Ci si dovrebbe fare un accurato esame di coscienza prima di dire che “la natura è matrigna” come diceva Leopardi, giacché a farla arrabbiare siamo proprio noi.
Se il clima è impazzito, non è colpa sua, ma nostra che lo inquiniamo sempre più, giorno dopo giorno; e l’alluvione del 18 ottobre scorso dovrebbe far riflettere.
Forse, è giunto il momento di correre ai ripari
Anastasia Gambera
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