Quante volte avete sentito esponenti dei più disparati schieramenti politici parlare alla pancia dell’elettorato in merito alla lotta alla corruzione. Si ritiene opportuno ricordare in questa sede come il 52% delle grandi opere pubbliche approvate nel 2015 siano finite sotto la lente d’ingrandimento della magistratura. Come se non bastasse, in base a quanto emerge dall’annuale rapporto stilato da Transparency International, lo Stivale si piazza al 61º posto su 168 Paesi presi in esame nell’Indice di percezione della corruzione. Limitandoci ad aprire una finestra sul Vecchio Continente, l’Italia sarebbe relegata al penultimo posto in questa infelice graduatoria e avrebbe davanti Paesi tutt’altro che noti in quanto a trasparenza nel settore pubblico come la Grecia e la Romania.
Non c’è dubbio che potenzialmente la corruzione pieghi le ali allo sviluppo economico di un Paese. Una forma di degenerazione morale e spirituale che porta con se arretratezza, minore competitività a livello produttivo e assenza di investimenti soprattutto dall’estero, con effetti che si ripercuotono a valanga sulle imprese sane e sulla crescita del settore occupazionale. I tentacoli della corruzione soffocano sul nascere la sana e onesta concorrenza tra le imprese e spesso inducono coloro i quali non si piegano a compiere l’inevitabile passo indietro.
È possibile fornire un’ulteriore chiave di lettura, a più di un mese dall’esito referendario che ha visto il 60% degli aventi diritto al voto rispedire al mittente il pacchetto di riforme istituzionali, cartina tornasole dell’allora governo Renzi. Tra le varie ragioni che hanno spinto una buona fetta di italiani a rigettare la modifica della Carta Costituzionale del 1948 vi è anche il ruolo affidato alle Regioni nella composizione dell’ipotetico Senato. La Regione in quanto istituzione viene sempre più percepita agli occhi del contribuente come salata e poco trasparente, nonché disgustoso scenario di vicende di corruzione a più sfere. Restano tanti punti interrogativi da chiarire, soprattutto in merito all’adeguatezza degli strumenti con cui al giorno d’oggi magistrati e forze di polizia si trovano a dover combattere la corruzione.
Gabriele Mirabella
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