Natale è alle porte, ma lo spettacolo della NBA non va mai in vacanza. In attesa delle super sfide natalizie, tra cui spicca il confronto tra le finaliste delle ultimi tre edizioni della lega, i Golden State Warriors campioni in carica e i Cleveland Cavaliers vincitori due anni fa, ci sono tante altre partite degne di nota in programma da stanotte alla notte tra venerdì e sabato. Ecco le cinque gare più intriganti, da seguire ad ogni costo.
ROCKETS – LAKERS – Ben due le partite in programma stanotte tra quelle scelte tra le cinque imperdibili. Si comincia col confronto tra gli inarrestabili Houston Rockets, primi ad Ovest e reduci da quattordici vittorie consecutive, e i giovanissimi Los Angeles Lakers, che mostrano incoraggianti segnali di crescita partita dopo partita. Le due squadre si sono già confrontare nella notte tra il 3 e il 4 dicembre allo Staples Center, con i texani che hanno espugnato la tana dei gialloviola per 115-98, facendo valere la propria maggior compattezza e solidità rispetto alla squadra padrona di casa, talentuosa ma ancora piuttosto acerba, soprattutto nel confronto con franchigie meglio strutturate. In casa Lakers la fiducia aumenta giorno dopo giorno, anche e soprattutto grazie alla crescita sempre più costante di Lonzo Ball. Il rookie scelto con la seconda chiamata assoluta allo scorso Draft aveva iniziato in maniera piuttosto altalenante la sua stagione, destando non poche perplessità tra tifosi e addetti ai lavori. Le sue ultime uscite, però, stanno facendo ricredere in molti. Per ciò che concerne l’altra matricola, Kyle Kuzma (ventisettesima scelta al primo turno, acquisita dai Brooklyn Nets nell’ambito della trade che ha portato il playmaker D’Angelo Russell alla corte di Atkinson a New York), quest’ultimo sta continuando a stupire per continuità ed efficacia. I tifosi gialloviola ripongono molte speranze anche nei giovani Nance Jr. e Ingram, così come nell’affidabile Caldwell-Pope, mentre Brook Lopez non convince appieno. Gli uomini di Luke Walton hanno tutte le caratteristiche per giocarsi le proprie carte in ottica playoff fino alla fine, dispongono delle armi necessarie per mettere in difficoltà anche squadre più forti e complete e lo hanno dimostrato, ma l’obiettivo, almeno per quest’anno, resta, se non impossibile, complicato da raggiungere, anche perché la concorrenza è folta.
Chi, invece, è già pronta per competere ad alti livelli e sta raccogliendo i frutti di tanti anni di crescita graduale all’insegna di un’oculata rinascita propiziata da scelte mirate attorno cui si è creata una base solida per tornare a recitare un ruolo di primo piano tra le grandi è Houston. Da Harden a Capela passando per Gordon, Ariza, Anderson e tanti altri, i Rockets hanno costruito negli ultimi anni un roster tra i più competitivi della lega e quest’anno sembrano essere in grado di compiere quel passo in avanti necessario per fare il definitivo salto di qualità. L’arrivo di Chris Paul, del resto, ha reso ancor più temibili i texani: col rientro dell’ex Clippers dall’infortunio, la squadra di D’Antoni non ha mai perso e l’intesa tra CP3 e Harden ha fatto crescere in maniera esponenziale anche gli altri componenti del roster, tra cui in particolar modo il centro Clint Capela, che sta vivendo un inizio di stagione a dir poco positivo: sono già sedici le doppie doppie stagionali per lui (l’anno scorso ne totalizzò quindici). Non è ancora chiaro se ci sia una squadra in grado di fermare la striscia di imbattibilità dei Rockets, anche perché i biancorossi appaiono davvero indistruttibili e finora nemmeno squadre del calibro di Golden State Warriors, Cleveland Cavaliers e San Antonio Spurs sono riuscite a fermarli. Con un Harden in formato MVP (primatista della lega per punti segnati con 31,3 a partita), un Chris Paul con tanta voglia di rivalsa e di giocarsi, a 32 anni, le chance di vincere il primo anello della sua carriera, Houston potrebbe davvero riuscire a interrompere il dominio di Warriors e Spurs ad Ovest: queste ultime due negli ultimi anni si sono alternate al timone della Western Conference e hanno vinto tre volte l’anello negli ultimi quattro anni. Per farlo, però, i Rockets dovranno continuare su questa strada, il che comporta il superamento di tanti ostacoli insidiosi in un percorso peraltro molto lungo.
TRAIL BLAZERS – SPURS – Poco più tardi toccherà al duello tra Portland Trail Blazers e San Antonio Spurs al Moda Center. Gli ospiti, nonostante le pesanti assenze di Tony Parker e Kawhi Leonard, si sono resi protagonisti di un ottimo avvio stagionale. I due ormai sono tornati a disposizione di Gregg Popovich, che li sta utilizzando con cautela per far sì che il loro recupero possa essere effettivo e, soprattutto, per non rischiare di compromettere il loro ristabilimento fisico e tecnico. Il playmaker francese e il terzo classificato per l’MVP dello scorso anno si sono fatti trovare sempre pronti quando sono stati chiamati in causa, anche se per forza di cose non hanno potuto offrire alla causa neroargento un contributo pari al 100% del loro potenziale. Nessun problema per gli Spurs, che possono contare su un roster ben strutturato, in cui la forza del collettivo prevale sui singoli. Da Danny Green a Pau Gasol, passando per il sempiterno Manu Ginobili, ogni componente della rosa a disposizione di Popovich ha fatto sì che San Antonio partisse col piede giusto nonostante le tante defezioni, riuscendo a portare la squadra al terzo posto ad Ovest, alle spalle degli inarrestabili Houston Rockets primi e dei campioni in carica dei Golden State Warriors secondi. Chi si sta mettendo maggiormente in mostra è LaMarcus Aldridge, che ha interpretato alla grande il ruolo del leader e trascinatore degli speroni, facendo registrare cifre da capogiro. San Antonio, dunque, riesce sempre a stupire e resta una delle squadre più temibili quanto imprevedibili della lega: col rientro a pieno regime di Parker e, soprattutto, Leonard, gli Spurs potranno ambire a centrare risultati ancor più importanti e prestigiosi.
Portland, dal canto suo, non è da meno. I Trail Blazers, infatti, hanno iniziato molto bene il proprio percorso stagionale e si trovano attualmente appaiati al quinto posto ad Ovest con sedici vittorie e quattordici sconfitte. Non si tratta certo di una contender, ma al contempo la squadra guidata da Terry Stotts non dovrebbe avere difficoltà nel raggiungere i playoff, in cui peraltro negli ultimi quattro anni hanno raggiunto in ben due occasioni le semifinali di Conference, superando avversari illustri del calibro di Houston Rockets e Los Angeles Clippers al primo turno. L’apporto di Damian Lillard e C.J. McCollum sta risultando come sempre determinante per le sorti della franchigia dell’Oregon, ma oltre ai due principali punti di riferimento della squadra va segnalato anche l’ottimo momento di forma del centro bosniaco Jusuf Nurkic, che sta mettendo in mostra il meglio del suo repertorio. Chiuso a Denver dall’emergente Nikola Jokic, ormai divenuto imprescindibile, il classe ’94 sembra aver fatto la scelta giusta passando a Portland. I Trail Blazers, dunque, restano un avversario ostico per chiunque, seppur con le dovute proporzioni: non si tratta di una contender, tutt’altro, ma allo stesso tempo dispone di un gruppo ben assortito per ottenere un bel traguardo.
CAVALIERS – BULLS – Nella notte tra giovedì e venerdì, invece, scendono in campo i Cleveland Cavaliers, reduci da una sconfitta rimediata in casa dei Milwaukee Bucks di Giannis Antetokounmpo: The Greek Freak si è aggiudicato il duello con il più esperto LeBron James, che ha fatto registrare la bellezza di 39 punti e 7 assist. The King sta vivendo una delle stagioni migliori della sua carriera (media di 28,2 punti, 8,3 rimbalzi e 9,3 assist a partita) e continuare a stupire, impressionando per la straordinaria continuità di rendimento con cui, a quasi 33 anni (li compirà il 30 dicembre), riesce a trasformare in ordinario lo straordinario. Con un leader del genere, i Cavs hanno tutte le potenzialità per tentare l’assalto all’anello e riscattare la sconfitta delle scorse Finals con Golden State, anche perché attualmente stanno facendo molto bene pur senza alcuni elementi fondamentali, tra cui in particolar modo il playmaker Isaiah Thomas, che non ha ancora avuto modo di dimostrare di poter essere un degno sostituto di Kyrie Irving, e la sua riserva Derrick Rose, ancora alle prese con problemi fisici. Oltre a ciò, Tristan Thompson è da poco tornato a disposizione di coach Lue, che ha dovuto arrangiarsi (si fa per dire) adattando Kevin Love come centro e schierando titolare José Calderón nel ruolo di playmaker. I Cavaliers, inoltre, sono una delle poche squadre a potersi permettere il lusso di tenere Dwyane Wade in panchina: l’ex Miami Heat – che ritroverà i Bulls della sua Chicago, con cui ha giocato nella scorsa stagione – sta viaggiando alla media di 11,4 punti a partita in uscita dalla panchina, numeri superiori a quelli della guardia titolare J.R. Smith (7,8 punti a partita).
Per ciò che concerne i Chicago Bulls, invece, il loro inizio è stato tutt’altro che esaltante, con 20 sconfitte nelle prime 23 partite della regular season (vittorie soltanto contro gli Atlanta Hawks, gli Orlando Magic e gli Charlotte Hornets). Tornare ai playoff sarà molto complicato per i tori, ma nel frattempo la squadra di coach Hoiberg ha rialzato la testa, centrando ben sei vittorie consecutive. Non accadeva dalla stagione 2015-2016, in cui i Bulls riuscirono a vincere lo stesso numero di partite in fila. Dovessero riuscire nell’impresa di salire a quota sette successi consecutivi, si avvicinerebbero in maniera ancor più concreta alle nove vittorie di fila centrate nel 2010-2011, l’anno in cui Derrick Rose si aggiudicò l’MVP e trascinò Chicago fino alle finali di Conference. Alla base dell’ottimo percorso dei Bulls nelle ultime due settimane vi è soprattutto il rientro di Nikola Mirotic, che ha contributo in maniera determinante alle vittorie interne contro New York Knicks, Boston Celtics, Utah Jazz e Philadelphia Sixers, siglando rispettivamente 19, 24, 29 e 22 punti. Anche il rookie finlandese Lauri Markkanen, selezionato con la settima scelta assoluta allo scorso Draft, sta facendo vedere ottime cose: Chicago può guardare con fiducia al proprio futuro.
SIXERS – RAPTORS – Un’altro incrocio che promette spettacolo e si preannuncia piuttosto combattuto è quello tra due squadre molto intriganti, i Philadelphia Sixers e i Toronto Raptors. I primi sono attualmente fuori dalla zona playoff (decimo posto con quattordici vittorie e sedici sconfitte), ma hanno dimostrato di poterli raggiungere ampiamente ed hanno tutte le carte in regola per dire la loro fino alla fine e centrare un piazzamento più che dignitoso ad Est. I due gioielli Joel Embiid e Ben Simmons continuano a trasformare in oro tutto ciò toccano e la città dell’amore fraterno sembra essere tornata ad innamorarsi dei Sixers dopo le tante stagioni negative degli ultimi anni. Per tornare ai livelli della squadra che raggiunse le Finals nel 2001, tenendo testa agli imbattibili Los Angeles Lakers grazie soprattutto all’MVP Allen Iverson, ci vorrà del tempo, ma di certo la franchigia della Pennsylvania sembra aver imboccato la strada giusta per tornare a sognare in grande nel più breve tempo possibile. L’avvio di dicembre non è stato particolarmente proficuo per i Sixers, sconfitti nelle ultime tre partite e sette volte su nove in questo mese: l’obiettivo è quello di tornare a macinare vittorie e gioco e dimostrare il proprio valore sin dall’imminente confronto con i Raptors.
Questi ultimi sono reduci da tre vittorie consecutive (nove nelle ultime dieci) e stanno attraversando, dunque, una situazione quasi del tutto opposta a quella dei Sixers, vivendo un periodo di ottime prestazioni e risultati positivi. Basti pensare che la franchigia canadese è stata una delle tre squadre che sono riuscite a sconfiggere la prima potenza ad Ovest, gli Houston Rockets, passando per 129-113 al Toyota Center. A trascinare Toronto è sempre il duo DeMar DeRozan-Kyle Lowry, che ormai è garanzie di successi e spettacolo ed è entrato nel cuore dei tifosi canadesi. I Raptors restano una delle avversarie più difficili da affrontare in una Eastern Conference che sembra essere più combattuta e intrigante rispetto agli ultimi anni. Nonostante la rinnovata fame di vittoria di squadre che stanno mostrando una netta crescita rispetto al passato (Detroit Pistons, Milwaukee Bucks, New York Knicks e, appunto, Philadelphia Sixers), i canadesi non hanno alcuna intenzione di scendere dal podio delle squadre migliori da Est e attualmente sono dietro soltanto ai Boston Celtics e ai Cleveland Cavaliers, le due finaliste di Conference della scorsa stagione. Chissà che tra una delle due Toronto non possa mettere lo zampino e fare quel balzo in avanti sotto il profilo del prestigio dei risultati: è presto per dirlo, la sfida è complicata e impegnativa, ma la squadra di Dwane Casey ha le armi per combattere.
KNICKS – CELTICS – Il programma settimanale si chiude con l’affascinante sfida tra i New York Knicks e i Boston Celtics nella Grande Mela. Al Madison Square Garden, quest’anno, il rumore degli applausi sembra aver offuscato del tutto quello dei fischi (eccezion fatta per la recente sfida vinta contro OKC, in cui il pubblico di casa ha accolto a suon di fischi l’ex stella della squadra Carmelo Anthony). Merito soprattutto dei buoni risultati che la squadra sta raggiungendo, nonostante in molti sostenevano che per i Knicks sarebbe stata ancor più dura competere per i playoff senza Derrick Rose e Carmelo Anthony. Affidandosi al talento del lituano Kristaps Porzingis, New York è rinata in un attimo, imprevedibile com’è. La squadra di coach Jeff Hornacek è attualmente ottava ad Est con sedici vittorie e quattordici sconfitte ed ha dimostrato di poter dire la sua anche quando il sopracitato Porzingis non è a disposizione: lo ha già fatto contro gli Houston Rockets, perdendo in trasferta dopo aver dominato in lungo e in largo la prima parte dell’incontro, e proprio contro Oklahoma, sconfiggendo quest’ultima in maniera netta, grazie (ironia della sorte) all’apporto di Michael Beasley, prelevato la scorsa estate proprio per sostituire Melo. Con un pizzico di continuità in più, i Knicks potrebbero lottare ad armi pari con le altre concorrenti per un posto ai playoff.
Playoff in cui i Boston Celtics sono chiamati a fare ancora meglio dello scorso anno, quando raggiunsero le finali di Conference, arrendendosi soltanto al cospetto dei Cleveland Cavaliers. Battere la squadra di un LeBron James che migliora invecchiando sarà un compito piuttosto arduo, ma la franchigia del Michigan ha fame di vittorie ed ha lanciato un messaggio chiaro a tutte le altre contender sin dall’inizio della regular season, issandosi in poco tempo al timone della classifica ad Est e riuscendo ad inanellare una serie di venti vittorie consecutive tra la fine di ottobre e quella di novembre. Finora contro le altre pretendenti al titolo non è andata alla grande (soltanto una vittoria su due con San Antonio e sconfitta nella gara inaugurale con Cleveland) e i Celtics devono ancora fronteggiare Houston Rockets (notte tra il 28 e il 29 dicembre al TD Garden) e Golden State Warriors (notte tra il 27 e il 28 gennaio alla Oracle Arena), ma la squadra di Brad Stevens sta indubbiamente vivendo una grandissima stagione. Kyrie Irving si è adattato al nuovo contesto ed è già un idolo dei tifosi della squadra più vincente di sempre, anche se ha ancora molto lavoro da fare e soprattutto tanti traguardi da centrare. Boston è una squadra operaia, in cui tutti si aiutano a vicenda e non prevale il singolo: i Celtics secondo molti avrebbero sviluppato il proprio gioco attorno ad Irving dopo il grave infortunio occorso a Gordon Hayward, ma non è stato proprio così, in quanto i vari Horford, Tatum, Brown, Smart, Rozier stanno risultando anch’essi molto utili alla causa.
Dennis Izzo
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Coordinatore editoriale di Voci di Città, nasce a Napoli nel 1998. Nel 2016 consegue il diploma scientifico e in seguito si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza presso l’Università Federico II di Napoli. Tra le sue tanti passioni figurano la lettura, i viaggi, la politica e la scrittura, ma soprattutto lo sport: prima il calcio, di cui si innamorò definitivamente in occasione della vittoria dell’Italia ai Mondiali 2006 in Germania, poi il basket NBA, che lo tiene puntualmente sveglio quasi tutte le notti da ottobre a giugno. Grazie a VdC ha la possibilità di far coesistere tutte queste passioni in un’unica attività.
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