Il Senegal vince la prima Coppa d’Africa della sua storia battendo l’Egitto ai calci di rigore. A regalare il successo ai “leoni della Teranga“, il tiro dal dischetto del miglior giocatore della squadra: Sadio Mané. Quest’ultimo, nel primo tempo, dopo sette minuti si era fatto ipnotizzare proprio dagli undici metri dal portiere avversario Gabaski. Sprecando la più grande delle occasioni per passare in vantaggio.
La nazionale allenata da Aliou Cissé spezza così una maledizione che incombeva sin dalla finale persa nel 2002 dalla “generazione dei fenomeni” capitanata proprio dall’attuale commissario tecnico. I vari Mendy, Koulibaly, Gueye, Mané (e compagni) sono cresciuti guardando quella squadra e l’amore per il calcio lo devono anche a loro. Già nel 2019 hanno sfiorato la vittoria arrendendosi all’ultimo atto contro l’Algeria ed oggi non avevano nessuna intenzione di perdere un altro appuntamento con la storia.
Una partita, così come una competizione intera, letteralmente dominata dai senegalesi che concludono da imbattuti e con due sole reti concesse. Anche in una finale dal peso specifico non indifferente creano più degli avversari che, tuttavia, reggono bene l’urto anche grazie alle parate del loro portiere. Le poche azioni offensive egiziane portano esclusivamente il nome di Mohamed Salah ma il suo talento si infrange contro la retroguardia sorretta da capitan Kalidou Koulibaly.
I tempi regolamentari così come quelli supplementari finiscono col punteggio di 0-0 e a decidere le sorti delle due nazionali ci pensano i rigori. Qui la tensione è elevatissima. Il ct egiziano rimane seduto in panchina con i suoi collaboratori; quello senegalese scaraventa a terra la bottiglietta d’acqua ad ogni tiro. I “faraoni” d’Egitto pregano inginocchiati sulla linea di centrocampo; mentre dall’altro lato Sadio Mané passeggia nervosamente.
Decisivi per gli esiti della partita: l’errore di Lasheen il cui tiro viene parato da Mendy estremo difensore del Chelsea che balla sulla linea di porta come Dudek nella finale di Champions League del suo Liverpool contro il Milan nel 2005; il rigore trasformato con grande personalità e coraggio proprio da Mané che si fa perdonare dell’errore del primo tempo, incrociando un destro che questa volta è imparabile per il portiere avversario.
Anche quest’anno, abbiamo assistito a una Coppa d’Africa con episodi per certi versi originali e unici. Come per esempio: arbitri che fischiano la fine della partita con cinque minuti di anticipo; centrocampisti che giocano in porta; inni sbagliati e poi cantati a cappella; squadre che cambiano divisa tra un tempo e l’altro; animaletti che escono dalle zolle del campo.
Questi, però, sono solo alcuni aspetti di una competizione che più di tutte le altre mette in mostra la passione di un continente intero verso il calcio. Che più di tutte le altre risalta valori fondamentali (per ogni società) come quelli di libertà, fratellanza, unione. Perché in campo si è avversari, ma al di fuori si è tutti accomunati dallo stesso obiettivo: portare la tanto emarginata Africa al centro del mondo.
Per conferma chiedere a Salah e Mané. Oggi, per 120 minuti e passa, il destino li ha messi contro ma in realtà resteranno compagni per sempre..
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Fonte foto: FIFA
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Giuseppe, classe 1999, aspirante giornalista, è laureato in Scienze Politiche (Relazioni Internazionali) ma, fin da piccolo, è appassionato di sport e giornalismo. Simpatiche, si fa per dire, le scene di quando ancora bambino si sedeva nel bar del padre e leggeva la Gazzetta dello Sport “come quelli grandi“.
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