CATANIA – Da alcuni giorni un colossale tsunami a forma di pallone si è abbattuto alle pendici dell’Etna, il grande vulcano che si staglia all’orizzonte della barocca e chiassosa Catania. L’ennesimo scandalo scommesse stavolta ha colpito il club etneo con i massimi dirigenti che avrebbero architettato uno squallido “teatrino” per salvare baracca e burattini dal baratro di una retrocessione in Lega Pro.
Pur con personaggi, motivazioni scatenanti e contesti storici assai differenti sembrano esserci dei parallelismi con un’altra avversa vicenda che toccò in prima persona il sodalizio rossazzurro. La nostra speciale macchina del tempo ci riporta indietro di ben 22 anni. Era il 31 luglio 1993 quando il Catania, assieme ad altre sette compagini, venne escluso dal campionato di competenza (la Serie C1) per inadempienze finanziare. In quell’estate bollente iniziò un lungo “braccio di ferro” tra la Federazione Italiana Gioco Calcio (allora presieduta da Antonio Matarrese) e il club etneo.
Il “presidentissimo” Angelo Massimino lottò come un leone, sostenuto dallo zoccolo duro della tifoseria, nei tribunali per salvare lo storico marchio “1946” ed ottenere la riammissione nella vecchia Serie C1. Il Catania pagò a caro prezzo la presunzione dei vertici della Federcalcio, iniziando dai polverosi campetti dell’Eccellenza siciliana una lunga cavalcata che l’avrebbe riportata nel calcio che conta nel giro di un decennio. Dopo vent’anni i sentimenti di confusione e di generale sconforto sono quantomeno similari, anche se in quell’occasione c’era la certezza di trovare nel Cavaliere Massimino un punto di riferimento.
Al di là della vicenda giudiziaria, che potrebbe indebolire il Calcio Catania, la tifoseria ormai da tempo aveva preso le distanze dalla società, puntando il dito contro una gestione sportiva disastrosa. Nel giro di due stagioni si era passati da un esaltante ottavo posto in Serie A con vista Europa League ad una deprimente lotta salvezza tra i cadetti. I tifosi, come era già avvenuto in altri momenti bui della storia del club (dal caso Martinelli del 2003 alla salvezza a porte chiuse del 2007), hanno fatto fronte comune e, ancora una volta, hanno giurato amore eterno a prescindere dalla categoria in cui scenderanno in campo undici casacche a strisce verticali rosse e azzurre.
Gabriele Mirabella
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