L’utilizzo di telefonini, smartphone e tablet fra i banchi scolastici è di una portata sempre più dilagante: non solo nelle scuole superiori o nelle università, ma anche nelle scuole elementari e medie, dove i frequentanti hanno un’età media rispettivamente di 8 e 12 anni. Ad acquistarli sono i genitori o i parenti più stretti, spesso preoccupati all’idea di non sentire i figli per numerose ore al giorno, in particolare se non possono accompagnarli o andarli a prendere personalmente una volta terminate le lezioni. In classe, però, l’abitudine consiste nel lasciare accesi i dispositivi, con la vibrazione o addirittura con la suoneria impostata a basso volume, e nell’utilizzarli frequentemente. Accade in Italia, certo, ma non solo: nel Regno Unito sono più del 90% gli studenti che possiedono un cellulare e che se ne servono nel corso delle lezioni. Non a caso, il 15 marzo 2007 l’allora ministro dell’Istruzione ha disposto una direttiva secondo cui ne è vietato l’uso, in accompagnamento alla precedente normativa del 1998 che lo bandiva già per i professori.
Eppure, una volta di più le regole sembrano essere maggiormente infrante che rispettate. «Difficile, fa ormai parte della vita emotiva e affettiva dei ragazzi», commenta Federico Bianchi di Castelbianco, psicoterapeuta dell’età evolutiva. «[Il telefonino] ha sostituito il vecchio bigliettino che usavamo noi adulti per comunicare in classe. Per questo è importante scendere a patti con i ragazzi, stabilire le finestre in cui possono usarlo e i momenti in cui assolutamente no. Se non stanno alle regole va bene tutto: la nota sul registro, il sequestro». Non fanno eccezione gli insegnanti, i quali spesso rispondono improvvisamente alla cornetta sostenendo si tratti di una chiamata improrogabile, di una faccenda di famiglia o di una telefonata di lavoro. Se, però, nel caso di questi ultimi l’infrazione non si accompagna a un calo del rendimento, altrettanto non può dirsi degli adolescenti o quasi tali che controllano continuamente le proprie notifiche, che giocano intere partite ai videogame di tendenza e che, di conseguenza, non prestano alla vita di classe l’attenzione necessaria.
Lo hanno confermato Louis-Philippe Beland e Richard Murphy in un lavoro pubblicato dal centro per le performance economiche della London School of Economics. Secondo loro, infatti, «nelle scuole in cui il telefonino è bandito, i voti sono più alti», specialmente per gli studenti più poveri o con i voti mediamente più bassi. Il risultato della ricerca è stato ottenuto esaminando la performance di 91 istituti superiori di quattro città britanniche, confrontando i registri degli esami e le politiche sui cellulari tra il 2001 e il 2013. I punteggi di test sono stati in media migliori nel 6,41% dei casi, se gli smartphone erano banditi dalle aule. Ciò coinciderebbe con «un aumento della probabilità di passare gli esami finali del 2%. È lo stesso effetto che si avrebbe con un’ora in più a settimana, o aggiungendo una settimana in più all’anno scolastico». Inoltre, per gli studenti con il rendimento meno elevato le probabilità di successo nelle verifiche sono doppie rispetto alla media, mentre tenderebbero ad essere uguali per “i primi della classe”.
A meno che non si abbiano delle buone potenzialità e un rendimento scolastico decisamente positivo, quindi, la compagnia dei cellulari sui banchi è sconsigliata, nonché tuttora vietata dalla legge. È innegabile, infatti, che gli smartphone consentano rapidità ed efficacia di ricerca, qualora sia richiesto dagli insegnanti e risulti utile ai fini delle lezioni seguite, ma rimane un dato di fatto che gli adolescenti non sempre sono multitasking tanto quanto i propri gadget di ultima generazione. La tecnologia tende a distrarre: un vero e proprio peccato per chi continua ad alzarsi presto ogni mattina, prepararsi in tutta fretta e rimanere seduto per almeno quattro o cinque ore di seguito, perché ogni minuto impiegato di fronte a un display è tutto da recuperare in un secondo momento – e con maggiore dispendio di energia e fatica – anche dopo il suono della campanella. Uno dei tipici casi in cui prevenire risulterebbe senz’altro meglio che curare.
Eva Luna Mascolino
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Articoli di proprietà di Voci di Città, rilasciati sotto licenza Creative Commons.
Sei libero di ridistribuirli e riprodurli, citando la fonte.
Ti piacerebbe entrare nella redazione di Voci di Città? Hai sempre coltivato il desiderio di scrivere articoli e cimentarti nel mondo dell’informazione? Allora stai leggendo il giornale giusto. Invia un articolo di prova, a tema libero, all’indirizzo e-mail entrainvdc@vocidicitta.it. L’elaborato verrà letto, corretto ed eventualmente pubblicato. In seguito, ti spiegheremo come iscriverti alla nostra associazione culturale per diventare un membro della redazione.