È ormai conosciuto come “il Banksy del Medio Oriente”: con la sua arte racconta la guerra e le catastrofi del suo Paese. Murad vuole che sia la strada a parlare, ma cerca soprattutto di coinvolgere la popolazione, in modo che partecipi alla sua forma di attivismo.
Murad Subay nasce nella città yemenita di Dhamar nel 1987, a sei anni si trasferisce con la famiglia nella capitale Sana’a. Andando a scuola inizia ad appassionarsi di ogni tipologia d’arte, scoprendo anche di avere un certo talento. Così passa la sua adolescenza studiando le opere e le tecniche dei grandi pittori. I suoi preferiti erano gli artisti europei, da Picasso a Van Gogh. Nel corso degli anni si esercita moltissimo, migliora le sue capacità e continua a leggere una grande quantità di libri d’arte. Purtroppo la sua vita si fa molto complicata dal 2012 in poi, quando anche in Yemen viene repressa violentemente la speranza della primavera araba.
Come tantissimi giovani anche Murad scende in piazza e protesta, sperando in un cambiamento positivo. Ciò non accade, perciò capisce che se vuole avere successo in quanto artista deve trovare un modo originale per esprimersi. Decide di andare in strada, dipingendo murales alla luce del sole. Comincia la sua carriera di street artist facendosi accompagnare da un amico, vista la pericolosità della situazione caratterizzata da guerra, bombe e distruzione. Le autorità all’inizio gli sono ostili, infatti le opere che realizza sono un segno di protesta nei confronti della corruzione. Piano piano, però, riesce a trovare spazio in strada per poter lavorare con una relativa libertà.
Uno dei principali obiettivi di Murad è quello di riuscire a coinvolgere la popolazione. Ne è un esempio la sua prima campagna del 2012, Color the Walls of Your Street. Dopo aver dipinto dei murales posta sul suo profilo Facebook un invito rivolto a tutti: chiunque avesse voluto unirsi a lui avrebbe potuto raggiungerlo in strada, aiutandolo a realizzare varie opere. Il feedback positivo della gente lo ha gratificato, portandolo a continuare il suo attivismo artistico. «In guerra un’immagine vale più di mille parole», ha spiegato al Corriere. Una bambina che innaffia un fiore che nasce da una bomba è solo uno dei tanti murales che dimostrano questo concetto.
Il suo racconto artistico della guerra, della sofferenza, delle epidemie e della morte lo ha reso talmente tanto celebre da essere paragonato a Banksy. In realtà ci sono molte incongruenze e diversità nei confronti del modus operandi utilizzato dall’artista inglese. Sicuramente il punto che hanno in comune è l’attivismo politico e sociale. Mentre Banksy opera individualmente, l’intento di Murad è la creazione di un progetto collettivo che coinvolga gli yemeniti. Inoltre Subay non cela la sua identità e cerca di costruire dei collegamenti tra lo Yemen e il resto del mondo. Per esempio ha dipinto anche a Londra.
Grazie alla sua particolare espressività, al suo impegno politico e sociale e al suo grande talento ha ottenuto vari riconoscimenti. Nel 2014 è stato premiato a Milano con l’Art for Peace Award perché ciò che dipinge vuole essere una spinta al miglioramento delle condizioni sociali. Nel 2016, invece, è stato insignito del prestigioso Freedom of Expression Award, che celebra il suo coraggio nell’essere un attivista in zone del mondo in cui è la libertà di esprimersi è parzialmente negata. Le sue opere hanno il potere di catturare l’attenzione dei passanti sui temi che rappresentano, aiutano a non dimenticare e a non lasciar perdere. «Voglio unire con l’arte ciò che la guerra ha diviso», così definisce la sua attività al Corriere della Sera.
Sara Tonelli
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