A distanza di 37 anni dal disastro ritenuto il più grande incidente della storia dell’energia nucleare, gli unici esseri viventi sopravvissuti a quest’area, ancora oggi contaminata, sono i cani. Questi ultimi, nati e cresciuti all’interno e intorno all’impianto chiuso, vagano tra gli edifici in rovina e abbandonati, riuscendo a trovare del cibo e a riprodursi. Riescono a sopravvivere a condizioni estremamente difficili e complicate proprio perché sono geneticamente modificati. A rilevarlo è lo studio di alcuni ricercatori pubblicato sulla rivista Science Advances: incredibili i risultati scoperti.
Il gruppo di ricercatori ha prelevato il sangue da 302 cani. Alcuni di essi vivono nella centrale elettrica di Chernobyl, altri a circa 15 chilometri, altri ancora a circa 45 chilometri di distanza. La maggior parte dei cani esaminati sembra discendere da animali domestici che i residenti sono stati costretti a lasciare quando hanno evacuato l’area.
“Abbiamo avuto questa occasione d’oro” che getta le basi per rispondere a una domanda cruciale: “Come sopravvivi in un ambiente ostile come questo per 15 generazioni?”, ha dichiarato una delle autrici dello studio, Elaine Ostrander del National Human Genome Research Institute. Il collega Tim Mousseau, professore di scienze biologiche all’Università della Carolina del Sud, ha affermato che i cani “forniscono uno strumento incredibile per esaminare gli impatti di questo tipo di ambiente” sui mammiferi in generale.
Ostrander ha spiegato che, attraverso il Dna, gli scienziati possono facilmente identificare i cani che vivono in aree ad alto, basso e medio livello di esposizione alle radiazioni. “È stata una pietra miliare enorme per noi“, ha detto Ostrander. Ora gli scienziati possono iniziare a cercare alterazioni nel Dna. “Possiamo confrontarli e possiamo individuare cosa sia cambiato, mutato ed evoluto?“, ha aggiunto. Il prossimo passo della ricerca sarà capire quali cambiamenti genetici dei cani possano essere attribuiti alle radiazioni e quali ad altri fattori. La dottoressa Kari Ekenstedt, veterinaria che insegna alla Purdue University e non è tra gli autori dello studio, ha affermato che si tratta di un primo passo per rispondere a domande importanti su come l’esposizione costante a livelli più elevati di radiazioni influisca sui grandi mammiferi.
Il Dna dei cani è mutato e si sono create popolazioni distinte da quelle che vivono fuori dalla zona di esclusione. Inoltre, scrivono i ricercatori nel paper, “i nostri risultati evidenziano la tendenza dei cani semi-selvatici, proprio come i loro antenati canidi selvatici, a formare branchi di individui imparentati“. In prospettiva, “la popolazione di cani di Chernobyl ha un grande potenziale, che risiede nella comprensione delle basi biologiche della sopravvivenza animale e umana in regioni di alto e continuo assalto ambientale“. Anche di fronte alla prospettiva di un disastro come Chernobyl, la vita, compresa quella umana, sembrerebbe poter riprendere i propri spazi.
Gabriele Di Sano
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Nato a Catania il 03/06/2001, ha un carattere forte e deciso, riflessivo e mai (o quasi) impulsivo. Impavido nell’affacciarsi a nuove esperienze e volenteroso a raggiungere i propri obiettivi.Ha la passione per lo sport in generale ma rivolge particolare attenzione al calcio…e al Fantacalcio!Dopo il conseguimento del diploma decide di immatricolarsi al corso di Scienze della comunicazione presso L’università degli studi di Catania e sogna di percorrere in futuro una strada che lo porti ad essere un giornalista sportivo. Al contempo lavora, ama viaggiare, pratica sport.
To be continued..