Ebbene sì, è successo alla Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory. Per la prima volta sono state impiantante delle braccia robotiche su un uomo di 50 anni, controllabili grazie al pensiero. L’uomo era rimasto paralizzato a causa di una lesione al midollo spinale.
Lo studio
Lo studio si inserisce in un progetto promosso dal dipartimento della Difesa degli Stati Uniti. A tal proposito, un team di ricercatori della John Hopkins University è riuscito a sviluppare, dopo svariati anni dedicati alla ricerca, un sistema particolarmente innovativo che riesce a rispondere ai segnali di movimento muscolare, sulla base di un’interfaccia cervello-macchina.
Il soggetto dell’esperimento
L’uomo a cui sono state impiantate le braccia robotiche è riuscito nell’impresa di tagliare un pezzo di torta e mangiarlo, solo pensando di dover compiere il gesto. Nessuna assistenza, per la prima volta nella sua vita dopo l’incidente che gli aveva causato una lesione importante al midollo spinale.
A seguito dell’incidente elettrico, infatti, l’uomo era stato costretto a convivere con una mobilità molto limitate alle spalle, braccia e gomiti. L’utilizzo delle dita, poi, quasi inesistente.
Il sistema nel dettaglio
Tutto questo, che a prima vista potrebbe sembrare fantascienza, è stato reso possibile grazie all’interfaccia cervello-computer.
Affinché l’interfaccia possa funzionare c’è bisogno di un set di sensori impiantati nell’emisfero della persona, il loro compito è quello di tradurre gli impulsi neurali e portali poi ai muscoli, facendo in modo che si possa svolgere, grazie alle braccia robotiche, il vero e proprio movimento.
Prima di poter avere impiantate le braccia robotiche, l’uomo ha dovuto subire un intervento noto come “reinnervazione muscolare”, una nuova tecnica che permette di ricreare i nervi che un tempo controllavano il braccio.
Parere degli esperti
I ricercatori della John Hopkins University fanno sapere come:
“L’obiettivo generale era di consentire al robot di svolgere la maggior parte del compito, ma pure di consentire all’uomo di intervenire su alcuni movimenti per plasmarli in base al proprio volere. Nel caso dell’autoalimentazione, ad esempio, dato un piatto con diversi cibi, vogliamo che chi si avvale del sistema possa scegliere quale cibo mangiare e se necessario anche come tagliarlo. […]
Il robot deve essere in grado di capire quando l’utilizzatore è soddisfatto del risultato ottenuto, intervenendo sui movimenti così da riprendere il controllo e passare alla fase successiva”.
Allo stesso modo, Michail McLoughlin si dice particolarmente ottimista: “Siamo solo all’inizio. È come nei primi giorni di Internet: c’è un enorme potenziale davanti a noi, abbiamo appena iniziato su questa strada. Penso che i prossimi cinque-dieci anni segneranno progressi fenomenali”.
Autonomia e sviluppi futuri
Siamo ancora lontani dal restituire a queste persone una vita normale senza il bisogno di dover ricevere assistenza continuativa, tuttavia quanto sperimentato fa ben sperare che la strada imboccata sia quella giusta. Infatti, delle 37 prove condotte, 26 si sono rivelate di successo. Il tema dell’intelligenza artificialedell’intelligenza artificiale è molto dibattuto: che la perdita dell’autonomia sia un ricordo lontano?
Giorgia Catalano
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