‘Women Talking’, scritto e diretto da Sarah Polley, è tra i film protagonisti della Notte degli Oscar 2023 che si terrà il 12 Marzo. Tra le nomination annunciate nella categoria “miglior film”, questa pellicola spicca per la sua impronta femminile, tanto nelle scelte di regia e nella sceneggiatura quanto nel cast e negli argomenti trattati. Un film di donne sull’esistenza della donna e le difficoltà che essa comporta in un mondo di uomini. Sarà premiato dall’ Academy?
La pellicola è l’adattamento cinematografico del romanzo “Donne che parlano“, di Miriam Toews, a sua volta tratto da fatti realmente accaduti nella colonia mennonita di Manitoba in Bolivia. Qui, tra il 2005 e il 2010, una decina di uomini violentò più di 130 donne, drogandole con dell’anestetizzante spray per mucche.
All’inizio del film vediamo una ragazza, Ona, distesa nel suo letto addormentata, con le cosce ricoperte di lividi e sangue, segni inequivocabili di uno stupro. Svegliandosi tra le lenzuola sporche, la ragazza chiama la madre e, sospirando, le rivela che “è successo di nuovo”.
La voce narrante, appartenente ad Autje, una delle vittime più giovani, racconta come le violenze si siano protratte per molto tempo prima che le donne venissero anche solo ascoltate e credute. Le autorità della colonia, nove ministri e un vescovo eletti a vita, definirono gli abusi come frutto di una “selvaggia immaginazione femminile“. Ma le donne della colonia continuavano a svegliarsi ricoperte di lividi e coi pigiami e le lenzuola sporchi di sangue e sperma, così non rimase altro che incolpare il diavolo.
Una notte, Nietje, amica di Autje, si sveglia durante la violenza e riconosce il volto del suo aggressore prima che questi si dia alla fuga. Dopo essere stato fermato, lo stupratore rivela i nomi degli altri aggressori. Per la loro stessa incolumità, i criminali sono trasferiti al carcere della città vicina dato il desiderio di vendetta di molti coloni. Tra loro vi è Salome, sorella di Ona e madre della vittima più piccola, di soli quattro anni.
Benché la vicenda parta da una violenza sessuale sistematica e di massa, lo stupro non è il centro della pellicola. Questa forma di violenza è fin troppo rappresentata in film e serie tv. Sebbene sia possibile utilizzarla come espediente narrativo, non vi è bisogno di metterla esplicitamente in scena. Da un tentativo di denuncia contro una tale brutalità, molti registi hanno inevitabilmente finito per sessualizzare, invece, un evento traumatico, come avviene nel film ‘Blonde‘ con Ana de Armas nel ruolo di Marilyn Monroe.
In ‘Women Talking‘, lo stupro avviene prima che gli occhi dello spettatore possano vederlo. Aleggia sulla scena come fumo proveniente da sterpaglia incenerita. Non abbiamo bisogno di vedere il fuoco per sapere che vi è stato un incendio. Per sentire la paura, il dolore, la vergogna e la rabbia delle donne l’audience non necessita di vederle violentate. Capiamo tutto dalle “braci”: pelli diafane ricoperte di lividi e camicie da notte, una volta candide, ora ricoperte di sangue.
Sarah Polley sviluppa il suo film attorno a quanto accade dopo l’arresto degli stupratori. Le donne della colonia sono chiamate a votare tra: non fare nulla, restare e lottare oppure lasciare la colonia. Poiché l’istruzione è garantita solo ai ragazzi mentre le ragazze sono lasciate a uno stato di analfabetizazzione, la votazione avviene tramite delle x poste sotto dei disegni che esprimono le tre opzioni.
La decisione finale, lottare o andarsene, spetta alle donne che hanno proposto la votazione: Salome, Ona, Agata, Greta, Mariche, Mejal, Autje e Nietje. Decidono di riunirsi in un fienile e, con l’ausilio dell’insegnante August, incaricato del verbale della riunione, stilano una serie di pro e contro di entrambe le opzioni.
Il film è incentrato proprio attorno a questo dibattito. Entrambi i punti di vista appaiono sensati e con argomentazioni condivisibili. La sceneggiatura della Polley non è un’insieme di monologhi sconnessi né un semplice botta e risposta. Il dialogo viene costruito dalle protagoniste come una catena dove, ogni anello, è un intervento alla conversazione.
L’unico personaggio maschile di rilievo nella pellicola è l’insegnante dei ragazzi, August, da sempre innamorato di Ona. Quando era giovane la colonia lo scomunicò assieme alla madre che mise in discussione il potere esercitato dagli uomini già a partire dall’istruzione negata alle ragazze.
August assiste alla riunione delle donne per mettere a verbale quanto viene detto e solo in veste di spettatore. Resta in silenzio mentre le donne decidono che ne sarà delle loro vite e di quelle dei loro figli. L’insegnante non è uno degli aggressori ma sente di avere comunque la responsabilità di aiutare le vittime a scappare dalla colonia e di rimanere per educare i ragazzi, nella speranza che non sviluppino condotte violente anche loro.
Le tre parole più comuni utilizzate dagli uomini per intervenire su questioni riguardanti la violenza di genere sono: “not all men” (“non tutti gli uomini”). Queste parole, spesso, sono usate come pretesto per ignorare certe problematiche non essendone direttamente responsabili. In questo modo, però, si diventa parte del problema. August è un esempio di come gli uomini dovrebbero affrontare la violenza di genere in quanto parte e soluzione del problema. Cominciando con l’ascoltare le donne in rispettoso silenzio.
Il lavoro di Sarah Polley è stato premiato con le nomination agli Oscar 2023 come miglior film e miglior sceneggiatura non originale per ‘Women Talking’. Tuttavia, sorprende l’assenza di nomination per le interpreti della pellicola.
Sheila McCarthy e Judith Ivey hanno avuto l’arduo compito di interpretare Greta e Agata. Vedendo le loro figlie e nipoti vittime di una violenza che loro, per prime, hanno subito ma accettato si sentono responsabili. Per espiare le loro colpe, guideranno le altre donne a lasciare la colonia.
Ciononostante, ad essersi distinte maggiormente sono state Rooney Mara e Claire Foy, rispettivamente nel ruolo di Ona e Salome. Le due attrici rappresentano due reazioni al trauma diametralmente opposte. Dopo l’ennesimo abuso, Ona è rimasta incinta ma le tragiche circostanze di tale concepimento non le impediscono di amare suo figlio. È tra le prime a votare per lasciare la colonia. Ciò che cerca è libertà e pace con sé stessa che potrà trovare solo con la distanza dal luogo fonte di tanto dolore. In questo modo potrebbe anche perdonare i suoi aggressori o quantomeno compatirli. Carnefici e, in parte, vittime dello stesso sistema: quello della colonia.
Ciò che, invece, vuole Salome è vendetta. Non solo per sé stessa ma soprattutto per la sua bambina di quattro anni. La più piccola delle vittime che è stata, anche, infettata dal proprio aggressore. Sebbene all’inizio voglia rimanere nella colonia per lottare, Salome sceglie di andare per non rinunciare alla propria fede cedendo alla vendetta: “se restassi diventerei un’assassina”.
Insomma, la Notte degli Oscar 2023 è alle porte e ‘Women Talking‘ ha le carte in regola per ricevere la statuetta d’oro tanto come miglior film quanto come miglior sceneggiatura non originale. Conquisterà almeno una delle due?
Ludovica Augugliaro
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E’ nata il 20/02/2002, e già dalla sua data di nascita palindroma la piccola ma egocentrica Ludovica si è sempre sentita “diversa”, come i protagonisti di ogni saga fantasy in cui si è sempre rifugiata. A 18anni ha finalmente rinunciato alla speranza che un mezzogigante barbuto le consegnasse una lettera d’ammissione per la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, perciò ha deciso di immatricolarsi in Scienze e Lingue per la Comunicazione all’UniCT. E’ una grandissima nerd e una colta cinefila, il che è un modo carino per dire che non ha amici. Sogna di diventare una scrittrice, perché, si sa, sono sempre le persone timide e silenziose ad avere tante cose da dire.