L’autocoscienza, intesa come consapevolezza del proprio sé e delle azioni che quotidianamente compiamo, ci rende unici rispetto al resto degli esseri viventi. Nasciamo, cresciamo e moriamo. Nel frattempo combiniamo qualcosa di più o meno interessante. Gli animali, così come gli altri esseri che popolano il nostro pianeta, rispettano anch’essi queste fasi, tuttavia non avvertono il peso degli eventi, come se dentro di essi ci fosse un meccanismo indomito di autoregolazione. L’uomo, invece, ha il costante bisogno di qualcuno che lo guidi, che lo rassicuri. Le tecnologie presenti nei nostri dispositivi (cellulari, tablet, PC) in un futuro prossimo, verranno utilizzate come placebo per alleviare il “difetto di funzionamento” tipico del genere umano: il costante bisogno di supporto e di approvazione da parte degli altri. Negli anni abbiamo imparato a conviverci ed “impigrirci” di fronte alla tecnologia.
L’idea del film Lei nasce circa dieci anni fa quando il regista Spike Jonze trovò un articolo online che spiegava l’istant messaging con intelligenza artificiale. Dopo aver lasciato perdere per un po’, Jonze tornò ad interessarsi al progetto dopo aver diretto il cortometraggio I’m Here, che tratta di tematiche simili. Ci sono voluti cinque mesi per scrivere la bozza della sceneggiatura.È la storia di Theodore Twombly (Joaquin Phoenix), uomo solo e introverso che scrive lettere d’amore per persone che da sole non riescono ad esprimere i propri sentimenti. Infelice per il divorzio con cui si separerà dalla sua compagna di una vita, Catherine, Theodore acquista un sistema operativo parlante che sfrutta l’intelligenza artificiale, progettato per adattarsi ed evolversi. Quando una nuova generazione di sistemi operativi, animati da un’intelligenza artificiale sorprendentemente “umana”, arriva sul mercato, Theodore comincia a sviluppare con essa, che si chiama Samantha (doppiata dall’attrice Scarlett Johansson nella versione in inglese), una relazione complessa oltre ogni immaginazione.
A Spike Jonze interessano le più banali e comuni tra le sensazioni umane, ma per arrivare a dar voce e corpo in maniera personale e addirittura “nuova” ai più antichi tra i temi trattati dall’arte (e dunque dal cinema) necessita sempre di passare per un elemento fantastico, l’inserimento di una sola plausibile stranezza per attivare meccanismi e percorsi nuovi. In passato lo ha fatto con lo sceneggiatore Charlie Kaufman (che di questo è stato maestro), ora ci è arrivato con un film scritto autonomamente, un’opera che attinge ai temi della fantascienza classica e li trasforma da obiettivo del film a suo mezzo.
Il rapporto con le macchine non come spunto di riflessione, ma come strumento per parlare d’altro. Poetico e solo lui, semplice e intrigante lei, Theodore e Samantha vivono la loro luna di miele, conoscendosi e sperimentando forme di intimità. Lei è il suo faro in un mare in tempesta, lui è fonte di un’esperienza completamente nuova. Ma può un rapporto come il loro assurgere a una qualche forma sostanziale, vulnerabile, a una fusione di anime, che vada oltre la simulazione di un qualcosa che si vorrebbe, che si sta per afferrare, ma che fugge sempre? Spike Jonze indaga, analizza le crepe dell’amore, le delusioni, le euforie, la fragilità e l’incapacità di comunicare, o meglio, di rapportarsi sinceramente con un altro simile. Il regista di Essere John Malkovich e Nel paese delle creature selvagge ha creato un mondo di finzione, una storia visionaria, coinvolgente, forse edulcorando un po’ troppo i risvolti digitali, virtuali del rapporto. Anche ai sistemi operativi, però, la fedeltà va stretta; d’altronde sono stati creati dal genere umano. Samantha, in realtà, ha sviluppato questo atteggiamento incline all’innamoramento con oltre 600 dei suoi 9000 utenti, ma assicura che per ognuno di essi prova un attaccamento a sé stante.
Il film è girato per lo più in ambienti chiusi asettici o urbani in pieno stile spot-Apple così come la colonna sonora, di gusto e dai pezzi ben selezionati. I dialoghi sono frizzanti e non peccano mai di banalità, nessun concetto viene lasciato in sospeso; non a caso Lei (Her) si è guadagnato l’Oscar come miglior sceneggiatura originale. Ridotto ai minimi termini, infatti, Her mette in scena il lungo processo attraverso il quale viene elaborata la fine di un amore: venire a patti con l’esigenza di andare avanti, lasciare il passato dietro di sé e voltare pagina attraverso esperienze estreme e grottesche. Questo modo di procedere consente al regista di piegare i generi, fondendo fantascienza e melodramma e dipingendo uno stile di vita e un universo animato dalla più evidente contingenza con il tempo presente. Non c’è un briciolo di fobia nella sua visione, ma anzi l’amichevole presa in giro da parte di chi con le novità del presente ha un rapporto di confidenza. Lei (Her), attraverso l’interpretazione assolutamente squisita di Phoenix e attraverso la voce lussureggiante della Johansson, dà voce a un’umanità che ha un bisogno romantico di comunicare e trasmettere affetto; è un grido dal baratro della solitudine, di una nostalgia emotiva che riaffiora sempre. L’uscita del film nelle sale italiane è prevista per il 13 marzo 2014.
Enrico Riccardo Montone
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