In un periodo in cui la paura del diverso e l’egoismo dettato dalla necessità crescono in ogni parte del mondo, la comunità bolognese sa fare la differenza. Ed in occasione dell’apertura della prima sede estera di Arte Migrante a Saragozza, in Spagna, Voci di Città intervista il coordinatore ed ideatore di questo gruppo.
BOLOGNA– «Crediamo nella condivisione come strumento per il riscatto sociale, nel rapporto umano come strumento di pace…l’arte è il cuore pulsante del nostro stare insieme.» Così il manifesto del gruppo risulta un perfetto spaccato del loro progetto che da Bologna si era già aperto ad altre nove città italiane, ma ora ha deciso di arrivare fino in Spagna a Saragozza ed il 10 aprile anche a Napoli.
Per approfondirlo e comprenderlo meglio ascoltiamo direttamente le parole di chi questa realtà l’ha voluta davvero e con forza. Tommaso Carturan, neolaureato in antropologia, ci accoglie all’interno delle sale dell’Antoniano per presentarci l’idea alla base della sempre più crescente e travolgente associazione informale.
Come spiegheresti Arte Migrante in poche parole?
«La nostra comunità è nata con l’intento di incontrarci attraverso l’arte. Nel 2012 insieme ad altri ragazzi con cui ho fatto volontariato in Africa ed alcuni senza dimora, abbiamo dato il via ad un gruppo informale che da allora, a cadenza settimanale, si incontra per coinvolgere persone che altrimenti nella realtà di tutti i gironi difficilmente si relazionerebbero.
Tentiamo di diminuire le distanza, togliere muri».
Come funzionano gli incontri che fate ogni mercoledì al centro Zonarelli?
«Si tratta di veri e propri momenti di incontro e condivisione, liberi, gratuiti e senza bisogno di iscrizione per partecipare.
Accettiamo chiunque: italiani, stranieri, rifugiati, migranti, senza dimora, ragazzi, adulti, pensionati o lavoratori.
Durante la serata siamo semplicemente tutti allo stesso modo membri di Arte Migrante, artisti di Arte Migrante.
Gli incontri si strutturano in tre momenti: all’inizio ci sediamo tutti in cerchio per sottolineare la nostra uguaglianza e ci presentiamo, poi mangiamo ciò che ognuno di noi ha portato e ci prepariamo al momento conclusivo della serata in cui chi vuole, scrivendo su una lavagna, si prenota il proprio turno per esibirsi in una performance di danza, musica, teatro, poesia o semplicemente racconto.
Serve per conoscere culture musicali diverse, sensibilità differenti.»
Alle serate di Arte Migrante, però, avete aggiunto un altro importante progetto di laboratori diurni, me ne potresti parlare un po’?
«Si tratta dei Laboratori Migranti. Dal 2015, in collaborazione con Antoniano Onlus, abbiamo deciso di utilizzare alcuni loro spazi per organizzare 12 laboratori settimanali a libero accesso.
Non vogliamo preiscrizioni ne pagamenti, vogliamo solo che le persone riescano a far fruttare il loro tempo cercando di scoprire le proprie abilità nascoste, arrivando anche ad acquisire una maggiore autostima per affrontare più facilmente un percorso di autonomia.
Questi laboratori sono tenuti anche dagli stessi rifugiati, come nel caso del corso di informatica, perché abbiamo scoperto che molti arrivano in Italia con competenze che non sempre sono loro riconosciute.
Siamo circa in cinquanta a gestire questo progetto, quasi tutti volontari a parte alcuni ragazzi a cui viene dato un piccolo contributo per l’aiuto.
Facciamo lezioni di italiano per stranieri, inglese, curriculum, informatica o anche orto, danza, pittura ed hip hop. Il tutto con aiuto di traduttori nel caso in cui ci potessero essere difficoltà di comunicazione.»
In che modo riuscite a fare promozione con persone che hanno proprio difficoltà ad inserirsi nel contesto cittadino?
«Andiamo spesso a suonare direttamente in stazione dai senza dimora, oppure attraverso volantinaggio e mediante l’appoggio di altre associazioni. Insomma la realtà di Arte Migrante sta diventando sempre più grande e grandi sono gli obiettivi di relazione e di integrazione raggiunti. Con oltre cento persone a settimana che prendono parte ai loro incontri, saranno a breve una vera e propria associazione che “si ubriaca di umanità”.»
Prossimo appuntamento fissato per il 22 Aprile al Festival Mille piani di Antropologia con un loro spettacolo.
Giulia Bergami
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