Ultimamente i telegiornali sono sempre più affollati di notizie riguardanti i così detti Panama Papers.
Essi non sono altro che dei documenti, oggetto di una grandissima e quanto mai accurata inchiesta giornalistica, trapelati da una delle più importanti società su scala mondiale che crea e successivamente si impegna a gestire società off shore (registrata con le leggi di uno stato estero, ma che opera al di fuori della giurisdizione in cui è registrata). Il loro nome, inoltre, ha un significato ben preciso in quanto rinvia al luogo in cui ha sede la società in questione: stiamo parlando della Mossack Fonseca, la cui sede è ubicata in centro-America, per l’appunto a Panama. Secondo quanto riportato dal The Guardian, i documenti rimandano a società manipolate da ogni sorta di uomini di spicco del di panorama internazionale: dalla politica alla finanza, passando persino per il calcio. La creazione e la gestione delle suddette società, inoltre, viene eseguita nei c.d. “paradisi fiscali” come Panama, le Isole Vergini Britanniche o ancora le Seychelles (in poche parole Nazioni dove le imposizioni fiscali sono ridotte a cifre davvero inique). Mossack Fonseca ha sede, sì, a Panama, ma opera in ben 42 Paesi: per il The Guardian, in ambito di creazione e gestione di Off Shore è quarta al mondo. Il suddetto, secondo le ricostruzioni dei giornalisti che hanno lavorato al caso, avrebbe creato una cartella per ogni singolo rapporto economico con le società a lui correlate: ogni folder contiene contratti, trascrizioni, mail e documenti scannerizzati. Il tutto viene poi sistematicamente indicizzato. I giornalisti di ICIJ (International Consortium of Investigative Journalists), per scovarli e identificarli tutti, hanno usato Nuix, lo stesso programma di ricerca degli investigatori internazionali. Tramite l’optical character recognition (OCR) sono stati, infatti, capaci di riuscire a navigare in questo immenso mare di informazioni e risalire successivamente agli intestatari delle società (e a tutti gli altri clienti a loro collegati).
A consegnare tali documenti al giornale tedesco Süddeutsche Zeitung è stato uno stesso dipende della Mossack, una talpa che ha volutamente scelto di restare anonima perché, a sua detta, diffondere tipi simili di documenti avrebbe potuto costargli la vita. A seguito di ciò, il quotidiano tedesco ha poi condiviso quanto ottenuto con l’ICIJ, che a sua volta ha collaborato con altre 100 organizzazioni giornalistiche di 80 nazioni diverse (l’Espresso in Italia) ai fini di ottenerne un’analisi approfondita e mirata. Si parla 11,5 milioni di documenti, 2,6 terabyte di dati che potrebbero costituire la più grande fuga di notizie della storia. I documenti riporterebbero le attività di Mossack Fonseca a partire dall’anno della sua fondazione (1977) al dicembre 2015: sarebbero state coinvolte in questa inchiesta 214.000 società e 14.000 rispettivi clienti, tra cui sei parlamenti britannici, il primo ministro islandese Sigmundur Davíð Gunnlaugsson e undici Capi di Stato. Sempre il The Guardian aggiunge, poi, un dato molto importante: in molti documenti sono mostrati affari vantaggiosi per persone vicine al Presidente della Russia, Vladimir Putin, ma in nessuno compare il suo nome; eppure a detta del giornale britannico tali operazioni «non avrebbero potuto compiersi senza il suo consenso».
In alcuni Paesi, comunque, è lecito avere società ubicate in paradisi fiscali, a condizione che esse e i traffici inerenti siano dichiarati alle Autorità. Nonostante vi siano realmente delle mani pulite nel binomio società-paradisi fiscali, spesso accade che queste vengano usate per scopi illeciti (vedi il caso dei TPO), come ad esempio il riciclaggio di denaro e l’aggiramento di pesanti imposizioni fiscali. Una note di uno dei soci Mossack Fonseca – emersa dall’analisi dei documenti – riporta come «il 95% del nostro lavoro coincide con la vendita di sistemi per evadere le tasse». La società in questione, dal canto suo, non ha disquisito con giornalisti dei rapporti con i propri clienti, bensì ha sostenuto la validità e la legalità del suo lavoro che, da anni, si impegna a rispettare ogni norma in merito di riciclaggio di danaro. È altrettanto vero che ha spiegato come essa detenga una responsabilità limitata rispetto l’uso che fanno i suoi clienti delle off shore creata dalla stessa. Infine, ha chiarito come non sia compito suo la gestione dei patrimoni dei suoi clienti. «Per 40 anni Mossack Fonseca ha operato in maniera irreprensibile nel nostro paese e in altre giurisdizioni dove siamo attivi. La nostra società non è mai stata accusata o incriminata per legami con attività criminali. Se notiamo attività sospette o condotte poco chiare, siamo rapidi nel denunciarle alle autorità. Nello stesso modo, quando le autorità ci mostrano prove di possibili illeciti, noi cooperiamo pienamente», queste le parole di Mossack in risposta alla citazione della BBC.
Ecco a seguire alcuni dati che ICIJ ha fornito, e Internazionale.it rielaborato in grafici, per spiegare, in breve, la questione Panama Papers. In primis sono di seguito riportati i primi principali dieci paradisi fiscali con annesso numero di aziende coinvolte: 113.648 nelle Isole Vergini britanniche; 48.360 a Panama; 15.915 alle Bahamas; 15.182 nelle Seychelles; 9.611 in Niue; 5.307 in quel di Samoa; 3.253 ad Anguilla; 1.260 in Nevada; 452 ad Hong Kong e 148 in Regno Unito. Qui, invece, sono riportati i Paesi dove operano gli intermediari citati dai documenti ricondotti a Mossack Fonseca (banche, studi legali, ecc): 2.212 Hong Kong, 1.924 Regno Unito, 1.223 Svizzera, 617 Stati Uniti, 558 Panama, 444 Guatemala, 405 Lussemburgo, 403 Brasile, 324 Ecuador, 298 Uruguay. Adesso, invece, riporteremo i dati forniti dal giornale tedesco (a cui furono consegnati tutti i documenti in questione) in merito alla tipologia di documenti emersi: 4.804.618 email; 3.047.307 database; 2.154.264 PDF; 1.117.026 immagini; 320.166 documenti di testo; 2.242 altro.
Adesso, analizziamo nel dettaglio i grandi personaggi coinvolti nello scandalo, oltre i già citati. Partiamo dal mondo del calcio: invischiati in questo grande mistero vi sono il pluri-pallone d’oro Lionel Messi, stella del Barcellona, Michel Platini, ex-calciatore della Juve e alto membro della FIFA, e via dicendo. Poi, anche grandi volti dello spettacolo come Jackie Chan, l’attore di Blockbuster, o Pedro Almodovar, grande regista spagnolo. Vi è pure Luca di Montezemolo. Naturalmente non possono mancare i grandi del panorama politico e finanziario mondiale: e così saltano fuori i nomi di David Cameron, Premier inglese, Pilar di Borbone (sorella del re Juan Carlos); e ancora il Capo di Stato della Cina Xi Jinpin, il futuro presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev e Nawaz Sharif, presidente del Pakistan. Ma la lista è ancora lunga: vi è il re saudita Salman bin Abdulaziz al Saud (re saudita), il Presidente dell’Ucraina, Petro Poroshenko, e quello dell’Argentina, Mauricio Macri. Tornando, invece, a quanto sopra riportato, le conseguenze si sono già fatte sentire. Il Primo Ministro islandese avrebbe già rassegnato le proprie dimissioni, a seguito delle proteste di massa insorte dopo tale scandalo, mantenendosi comunque leader del Partito Progressista e tentando di non far cadere comunque il governo instaurato; si attende peraltro una mozione di sfiducia. Il pesce più grosso, alla fine dei conti, è sempre lui: Vladimir Putin, l’uomo più potente del mondo. Naturalmente, cercando tra la spazzatura, si trova solo altro pattume: ed è così che tra “semplici” evasori fiscali e riciclatori di denaro sporco, attori di operazioni capaci di mobilitare come se nulla fosse 200 milioni di dollari, saltano fuori nomi ricollegati al narcotraffico, alle mafie e a molte altri mondi dell’illegalità. Eppure Mossack Fonseca risulta essere, solo, la quarta società al mondo nel suo ambito. Chissà cosa celano le prime tre.
Rielaborando una poesia di Whitman chiamata Quando ascoltai l’anonimo erudito si può ottenere un mix di poetica e attualità, quanto mai adatto alla situazione, perfetto per descrivere la nascita di una delle più grandi inchieste giornalistiche di sempre: «Quando ascoltai» l’anonimo erudito di Panama «quando le dimostrazioni, i numeri, furono dispiegati dinanzi a me, quando le carte e i diagrammi mi furono mostrati per sommarli, dividerli e misurarli, quando ascoltai trepidante» l’anonimo che aveva messo a repentaglio la sua vita per rivelare pubblici crimini «Quanto inspiegabilmente» capii cos’era Mossack Fonseca «fino a quando alzandomi e scivolando via iniziai a vagare» in cerca di ogni singolo nome e documento nella misteriosa marea di dati e «secondo dopo secondo, volsi lo sguardo» ai Panama Papers.
Francesco Raguni
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