Tra le ultime mode di “investimento” troviamo quella sui bitcoin. Non parliamo dei Cfd che usano la valuta virtuale per poter fare trading, come nel caso di Plus 500, dove i software utilizzati offrono massima copertura della privacy e sicurezza (dettagli su http://www.cartedipagamento.com/plus500.htm). Parliamo dei siti e delle società che si sono specializzate nella compravendita diretta dei bitcoin, che per come sono strutturate lasciano il fianco a possibili truffe. A spiegare le dinamiche è Giancarlo Russo, fondatore e Ceo di Neutrino che ha specificato che «l’analisi della blockchain, la tecnologia su cui bitcoin si basa, permette di tracciare l’attività di ogni singolo indirizzo nel tempo. La blockchain è infatti un public ledger contenente tutte le transazioni effettuate tramite la valuta, ed è quindi consultabile da chiunque».
Un problema noto, che ha di per sé acceso le prime operazioni al fine di porvi rimedio, ravvisabili nei «mixer centralizzati. L’utente invia un certo numero di bitcoin al servizio di mixing, dove vengono aggregati insieme ai fondi provenienti dagli altri utenti. L’ammontare viene quindi restituito a più riprese su di una serie di indirizzi indicati dall’utente». Come funziona il sistema? Russo spiega che «i bitcoin così ottenuti non avranno più un link diretto con la loro sorgente. Molti dei servizi di mixing sono attivi sulla dark net, per incrementare ulteriormente il livello di anonimato e fare spesso money laundering». Ma anche per questi sistemi ci sono delle criticità, ovvero che «il problema principale nell’utilizzo di questi sistemi è che l’utente deve fidarsi totalmente dei gestori del servizio, non solo perché essi potranno tener traccia di tutte le fasi di mixing, ma soprattutto perché dovranno gestire direttamente i bitcoin dell’utente, configurando quindi un potenziale rischio di furto».
Un problema senza soluzione? Russo rassicura accennando ai servizi di mixing trustless, che si basano su un’idea semplice, ovvero che «N utenti si accordano per creare una transazione con N output distinti e di uguale valore, e forniscono un certo numero di input per l’ammontare stabilito. A questo punto ognuno degli N utenti può apporre individualmente la propria firma alla transazione, per sbloccare la propria parte di input, senza il rischio che gli altri partecipanti possano sottrargliela. Quando tutti i partecipanti avranno firmato la transazione, questa potrà essere propagata sulla rete ed inserita nella blockchain». La domanda però se non convenga tornare a sistemi più tradizionali per mettere al sicuro i propri risparmi rimane sempre più attuale.
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