Il popolo svizzero ha detto “No” alla proposta di far sottostare i trattati internazionali alla legge svizzera
Domenica 25 novembre tutti i 22 cantoni elvetici sono stati chiamati alle urne per esprimersi su due referendum. Il primo, promosso dai sovranisti, proponeva di subordinare i trattati internazionali alle leggi svizzere. Il secondo, patrocinato dai movimenti ambientalisti e animalisti, chiedeva di porre fine alla pratica, molto diffusa negli allevamenti, di amputare le corna a mucche e capre.
Il referendum riguardante i trattati internazionali prevedeva una modifica della Costituzione, quindi necessitava sia della maggioranza del “Sì” da parte degli elettori sia dei cantoni. La proposta tuttavia è stata bocciata da quasi il 66% dei votanti e in tutti i cantoni ha prevalso il “No”. Favorevole solo l’UDC (Unione Democratica di Centro), più grande partito del paese nonché pioniere dell’iniziativa. Storicamente inclini ad una Svizzera autonoma e il più possibile slegata dai fili dell’Unione Europea, gli esponenti del partito sostenevano che, data l’esigenza di sottostare alle leggi internazionali, lo Stato rischiasse di perdere la propria identità, autonomia e, soprattutto, la propria storica neutralità. Si proponeva dunque che, in caso di conflitto fra leggi elvetiche e precedenti accordi internazionali, prevalesse appunto la legge svizzera.
Gli oppositori, gli altri maggiori partiti e la maggioranza del Parlamento, sostenevano, invece, che una tale modifica avrebbe comportato un eccessivo isolamento della Svizzera dal resto dell’Europa e del mondo, con importanti conseguenze a livello economico. Una simile decisione, infatti, avrebbe compromesso oltre cinquemila trattati internazionali, commerciali, per la difesa del patrimonio culturale e dei diritti umani, che la Svizzera si era impegnata a sottoscrivere insieme ad altri Paesi dell’Ue e che sarebbero dovuti essere annullati o rinegoziati.
Il secondo tema in programma, l’amputazione delle corna a mucche e capre, pratica molto diffusa fra gli allevatori, non ha avuto un esito migliore. Il 55% dei votanti si è espresso per il “No” restando ancorato alle tradizioni, se pur fra le più discutibili. L’abitudine si tagliare le corna agli animali deriva, infatti, dal rischio che questi si feriscano all’interno degli allevamenti per via degli spazi ristretti in cui sono rilegati. La proposta, avanzata dalle associazioni animaliste e ambientaliste locali, chiedeva che fossero stanziati fondi per tutte le aziende zootecniche che avessero rinunciato a tale pratica, tuttavia non è stata accolta dall’opinione pubblica come avrebbe meritato.
Francesca Santi
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