In Darfur, regione dell’Africa subsahariana situata nel Sudan occidentale, non si arresta lo spargimento di sangue. Nel 2003 ha inizio un conflitto che ha visto contrapposti un gruppo di miliziani arabi (sostenuti dal governo sudanese) e diverse tribù della regione. Nonostante la tregua firmata nel 2010 dal Presidente sudanese, Omar al-Bashir, sono riprese le violenze dell’esercito governativo contro ribelli e civili.
Dall’inizio del conflitto ad oggi si contano più di 400.000 morti e oltre tre milioni di sfollati. Il 2015 segna, però, una nuova fase di tale “genocidio” a seguito dell’arrivo delle milizie di governo nel nord del Darfur, arruolate dallo stesso Presidente al fine di seminare panico e distruzione alla stessa stregua dei loro predecessori: i miliziani delle Rapid Support Forces, i quali hanno condotto dei ripetuti attacchi sanguinari nella regione del Sudan occidentale uccidendo profughi e contadini, bruciando case e distruggendo moschee, chiese ed ospedali.
Dopo il fallimento delle missioni di peacekeeping, avviate nell’estate del 2006 dalle Nazioni Unite insieme con l’Unione Africana, i gruppi ribelli armati sembrano essere l’unica reale forma di protezione per i civili contro i nuovi attacchi delle milizie di governo. Nonostante ciò, gli assalti non si arrestano e si continua a seminare morte e distruzione; secondo i dati dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari Umanitari in Sudan, allo stato attuale si registra un aumento notevole degli sfollati nel Darfur (circa 2,3 milioni). Inoltre, si contano 6,9 milioni di persone bisognose di assistenza umanitaria, ma che non ricevono alcuna risposta a causa dell’assenza di corridoi umanitari. Alla Corte penale internazionale il Presidente del Sudan è accusato di crimini contro l’umanità, crimini di guerra e genocidio, ma attualmente tutte le inchieste sono state sospese a causa delle forti pressioni del governo che ha costretto al ritiro tutti i peacekeepers. Intanto il conflitto incalza e continua a distruggere il Darfur.
Ester Sbona
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