Continua la discussione sulla riforma pensionistica, il reddito di cittadinanza e le pensioni d’oro, ma sono attese anche nuove misure per le imprese.
Lunedì 10 dicembre la Manovra di Bilancio è approdata a Palazzo Madama dopo la fiducia conquistata alla Camera. Il vaglio del Senato è stato preceduto dall’incontro con i sindacati, fissato per ieri a mezzogiorno, ma soprattutto dal vertice di maggioranza per rimarcare la posizione adottata dall’Esecutivo. A tal proposito, infatti, lo scoglio principale era la riduzione del rapporto deficit-Pil rispetto 2,4% inserito nel Documento programmatico di bilancio.
Al centro della Manovra, tuttavia, convivono i due punti principi delle campagne elettorali di Lega e Movimento 5 Stelle, rispettivamente la riforma pensionistica e il reddito di cittadinanza. Per quanto riguarda il tema pensioni, si adotterà la famosa Quota 100 in base alla quale coloro che hanno raggiunto, appunto, la quota cento – con l’età anagrafica di 62 anni, sommata a 38 anni di contributi – potranno andare in pensione. Tuttavia, è lo stesso Ministro dell’Interno Matteo Salvini a sottolineare che, nonostante siano stati stanziati quasi 7 miliardi di euro per il 2019, non tutti i 600mila aventi diritti potrebbero approfittare della riforma.
Discorso diverso per il reddito di cittadinanza, baluardo della propaganda pentastellata, che dovrebbe partire il primo aprile 2019 e che è già stato additato come la riforma economica più costosa presente nella Manovra di Bilancio. L’intenzione dell’esecutivo è quella di iniziare dal riordino dei Centri per l’impiego (costo stimato di 2 miliardi di euro), con la conseguente erogazione di un sostegno economico a coloro che vivono sotto la soglia di povertà. Il valore del sussidio, tuttavia, non ha ancora una forma ben definita e secondo un’analisi de Il Sole 24 Ore, l’importo medio del reddito potrebbe aggirarsi attorno ai 500 euro mensili – contro i 300 euro del Reddito di Inclusione (Rei) –.
Sul tavolo anche il tanto paventato taglio alle pensioni d’oro che per gli esponenti del Movimento 5 Stelle, primo fra tutti il vicepremier Luigi Di Maio, avrebbe dovuto essere quasi del 40%. Di diversa opinione il leader leghista, che preferirebbe piuttosto un blocco degli scatti per quelle superiori ai 5mila euro. Una mediazione si sarebbe trovata con lo stop degli adeguamenti per gli assegni fino a 150mila euro lordi e veri tagli per quelle fasce oltre i 500mila euro. Sono state, inoltre, inserite alcune misure per le imprese, come il taglio del cuneo fiscale, con la riduzione di circa 600milioni delle tariffe Inail e la correzione dell’ecotassa sui veicoli a benzina, che però non dovrebbe avere alcuna conseguenza sugli incentivi per le auto elettriche.
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