“Tassa piatta” per tutte le famiglie con reddito inferiore a 50mila euro e duplice aliquota per quelle che superano tale soglia
Per flat-tax, da sempre fra i capisaldi della campagna elettorale leghista, si intende un sistema fiscale basato sull’applicazione di una tassa con aliquota unica sul reddito. Superato lo scoglio del reddito di cittadinanza, la riforma riguadagna con forza la scena politica, accendendo nuovamente lo scontro fra Lega e Movimento 5 Stelle.
Secondo quanto annunciato dal Governo la cosiddetta “tassa piatta” prevedrà diverse novità. Prima fra tutte l’estensione ai nuclei familiari con un reddito fino ai 50 mila euro annui. Quest’ultima dovrebbe, in base alle stime elaborate dal Carroccio, avere un’incidenza di quasi 12 miliardi di euro. Si parla poi di duplice aliquota, del 15% per i redditi fino a 80mila euro e del 20% per quelli superiori.
La misura, che dovrebbe partire già dal 2019 secondo quando auspicato dal leader leghista Matteo Salvini, favorirebbe circa 16,4 milioni di famiglie, con un vantaggio familiare medio calcolato intorno a 3.600 euro. Attenendosi a quanto scritto nel report della Legge di Bilancio, è previsto un costo di circa 330milioni per il primo anno di attuazione della riforma, per poi raggiungere 1,9miliardi di euro nel 2020.
A frenare, però, il grande entusiasmo dimostrato dai leghisti sono gli addetti ai lavori, preoccupati dagli elevati costi che l’ipotesi avanzata dal Ministro dell’Interno comporterebbe. Secondo la simulazione elaborata dal Ministero dell’Economia – in cui si prevedeva una deduzione di circa 3mila euro per ciascun componente della famiglia con reddito inferiore ai 35mila euro – la spesa per lo Stato si aggirerebbe intorno ai 60miliardi di euro. E se il Ministro dell’Economia Tria ha dimostrato un diplomatico scetticismo, ben più accesi sono stati i toni scelti dalla sottosegretario all’Economia, la pentastellata Laura Castelli, fortemente contro la riforma.
Francesca Santi
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