Durante il G8 tenutosi a Genova nel 2001, alcuni funzionari delle Forze dell’ordine, medici e indirettamente capi delle istituzioni si resero responsabili di gravissime violazioni della dignità umana nei confronti di manifestanti contro la riunione dei “big”. Presso la caserma di Bolzaneto, circa 500 persone tratte in arresto furono sottoposte a torture e pesanti vessazioni fisiche e morali. Nel 2013, la Corte di Cassazione condannò 7 imputati per una pena massima di 3 anni e 2 mesi, i restanti 44 assolti, invece, per prescrizione del reato e condannati al pagamento del risarcimento dei danni. È importante ricordare che l’ordinamento giuridico italiano difetta del reato di tortura, tutelato dall’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Un centinaio di manifestanti hanno effettuato ricorso alla Corte di Strasburgo per la mancata punizione dei responsabili, indiretti o materiali, dei crimini del Bolzaneto. Nei giorni appena passati, il Ministero degli esteri ha inviato, a nome del governo italiano, una lettera alla suddetta Corte mediante cui ottenere – ex articolo 39 CEDU – una conciliazione amichevole con i ricorrenti a riguardo di uno dei due ricorsi presentati, proponendo un risarcimento dei danni morali pari a 45mila euro. La proposta viene giudicata dai più come indecente. L’avvocato Riccardo Passeggi, il quale difende alcune vittime del Bolzaneto, dichiara: «Parlo per le posizioni dei miei assistiti: la nostra risposta è un deciso no. Non é soltanto una questione di soldi che prenderemo per via giudiziaria. Non abbiamo bisogno delle elemosine del governo italiano. Nessuno ha mai chiesto scusa per i fatti di Bolzaneto. Non solo, l’ordinamento giuridico italiano non ha mai introdotto il delitto di tortura nel codice penale e queste sono le ragioni per ritenere, da parte dei miei assistiti, questa proposta come insufficiente e anche tardiva».
Ancora una volta viene ripreso il dibattito sulla necessaria riforma di alcuni aspetti del diritto penale, quali la prescrizione e il reato di tortura. Chiaro il fine dell’esecutivo italiano: evitare un’altra condanna da parte della Corte europea, dopo quella legata ai fatti della Diaz. La proposta di conciliazione sembra ancora un tentativo di insabbiare quella oscura pagina della storia italiana e di proteggere chi dall’alto affermò di non aver saputo, visto o autorizzato.
Viviana Giuffrida
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