CATANIA − Sabato 3 dicembre 2016 presso il Palazzo della Cultura, in Via Vittorio Emanuele II, 121, si è tenuta la quarta lezione della scuola di formazione politica, non sovvenzionata da alcun partito, organizzata all’associazione ATLAS. Ospite della conferenza, durata dalle 16.30 alle 18.30, è stato il giornalista del programma Le Iene, Dino Giarrusso. L’argomento del giorno era, letteralmente, Informazione (è) Politica. Chiarito il ruolo della suddetta trasmissione (regolarmente mandata in onda la domenica e il martedì sera su Italia 1), cioè quello di riuscire a creare un connubio tra informazione e satira, si sono affrontati diversi argomenti politici scottanti e riguardanti il 2016. Il primo di questi è stata la Brexit, cioè l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea: tale processo è stato avviato a seguito di un referendum popolare positivo, istituto che, peraltro, noi italiani (ad oggi) non abbiamo in Costituzione poiché la Carta Fondamentale prevede esplicitamente di tenere al di fuori della portata referendaria alcune materie, tra cui, per l’appunto, quelle concernenti i trattati internazionali. Giarrusso ha sottolineato come «un referendum comporta una scelta binaria, al contrario di altri tipi di elezione» e come, nel caso specifico del referendum costituzionale ‒ in cui alla fine ha trionfato il NO ‒ «l’astensione è influente». La scheda bianca «cavallo di battaglia dei radicali di Pannella, prima del suo invecchiamento psicologico, ideologico, morale e fisico» non ha più il peso di una volta. Successivamente, Giarrusso ha posto all’attenzione degli ospiti un importante centro nevralgico di problemi, vale a dire la messa in discussione del suffragio universale, grande conquista per cui i nostri padri e i loro antenati si sono più volte battuti, chiedendosi se «può esistere un voto sbagliato?».
Brexit e referendum del 4 dicembre a parte, Giarrusso affronta deciso il nocciolo della lezione odierna: «il rapporto tra informazione e politica è molto distorto sia in Italia che in altri Paesi del mondo, non solo europei. Marco Lillo mi disse che l’Italia è un Paese corretto in quanto tende ad eludere la legge che si è dato e non sanzionare i colpevoli. […] Poniamo il caso, ad esempio, del parcheggiatore abusivo (figura ricorrente in tutto il Meridione per la maggior parte ndr): di base può sembrare una figura secondaria, ma non è affatto tale. Egli è un estortore perchè chiede soldi in cambio della protezione dell’automobile, auspicando, in caso di mancato “pagamento”, eventuali danni alla vettura o comunque che noi subiremo delle conseguenze. Ciò è come chiedere il pizzo. Egli non ha alcun diritto a farlo. Immagino che nessuno di voi sia un commerciante e abbia subito richieste di pizzo e invece immagino che abbiate dato dei soldi ad un posteggiatore abusivo». La Iena esce poi dall’Italia e fa un paragone, restando nel campo semantico dell’esempio, col resto d’Europa: «Nessun altro europeo capirebbe bene il concetto di parcheggiatore abusivo, qualora glielo si spiegasse, egli risponderebbe chiedendo cosa fa in questo caso la Polizia. Pensate che in Francia, Germania, Danimarca, sia possibile una cosa del genere? Questa figura è il manifesto della tolleranza che l’Italia ha verso chi trasgredisce, soprattutto quando si parla di denaro».
Riprendendo successivamente il discorso su come il rapporto tra informazione e politica sia distorto, Giarrusso spiega che «I giornalisti, i tele-giornalisti, gli opinionisti, o quelli che fanno comunicazione e ricevono uno stipendio per farlo, hanno interessi diretti a danneggiare un partito o un politico o ancora una tendenza. Essi, oltre che essere squisitamente economici, possono essere diretti, quando dipendono direttamente da un politico, o indiretti, in quanto sanno cosa comporta un cambio di regime politico (breve digressione sugli attuali poli politici in Italia ndr)». «Cosa dovrebbe fare chi scrive di politica? Raccontare e commentare, tuttavia, la dote di informare non viene esercitata nel modo corretto. Le Iene, invece, corrispondo al caso opposto: noi siamo molto indipendenti, eppure dipendiamo da Mediaset che è di proprietà di Berlusconi, che, a sua volta comunque, è in netto declino politico. Noi parliamo di tutto, non facciamo sconti a nessuno, bene o male tocchiamo qualsiasi partito politico».
Parlando per l’appunto di personaggi del panorama politico, si può additare a Renzi come errore in prima battuta l’aver tanto personalizzato il referendum costituzionale al punto che tanta gente fa l’errore di commistione con l’abrogativo ex 75. L’italiano medio di turno è convinto che non andando a votare il referendum non si farà per la “famosa storia” del quorum. Ecco, è sbagliato personalizzare così tanto un tale istituto oppure è legittimato perché porta acqua al proprio mulino, tanto, in fin dei conti, è sempre acqua?
«In una sola domanda hai raccontato una quantità di cose spaventose». Dopo questa breve introduzione, Giarrusso parla appositamente sia del suo servizio su Benigni e su cosa votasse l’attore al referendum, sia di quello andato poi in onda domenica 4 dicembre, ma confezionato qualche mese prima. Riprende citando Grillo: «Egli disse che chi avesse votato Sì sarebbe stato il futuro serial killer dei nostri figli. Ecco, così si tende a delegittimare l’avversario e le opinioni discordanti. Questo è un argomento centrale nel dibattito attuale. Allora tu, innanzitutto, hai detto che molta gente in Italia vota senza sapere che in questo tipo di referendum non esiste quorum, eppure non so quanto questo sia vero. Non è detto che alla tua domanda, comunque, esista un risposta: un primo insegnamento è non dare mai niente per scontato nella vita in generale, in particolare quando si parla di politica. Solo il calcio ci fa essere più partigiani della politica! Qui l’atteggiamento di ciascuno di noi, a partire dal sottoscritto, tende a vedere le cose con un occhio parziale che chi fa informazione deve cercare non di perdere, ma di mettere da parte. Ecco, tu hai postulato cose discutibili.
Renzi ha uno stile personalizzante e centralizzante come pochi, come Mussolini. Fu Berlusconi, però, il primo dominus che personalizzò politica nazionale e che cambiò il modo di fare politica. Perché un tempo potevano sopravvivere i partiti? Perché un tempo per governare si doveva fare coalizione; con Berlusconi finisce tutto ciò: la gente non votava per Forza Italia, votava per lui (ampia parentesi sugli albori della politica berlusconiana, in particolare su Catania e sull’alleanze dell’ex Premier con Bossi, ai tempi leader della Lega ndr). Tuttavia, Berlusconi ha solo fatto politica, ma non è mai stato un politico: egli resta un imprenditore, il presidente del Milan e via dicendo. Renzi, invece, è un politico: nella vita non ha mai fatto altro. Io non ti so dire se ha sbagliato o ha fatto bene a personalizzare; in fin dei conti io ti posso dire che ha azzardato facendo all in. Questi però possono essere calcolati: stai perdendo 3-1, metti in campo 4 punte e provi a pareggiare la partita perché puoi o fare due goal e pareggiare o prenderne altri due e perdere 5-1. Renzi è diventato popolare grazie al grigiore della classe dirigente del centro sinistra italiano e grazie alle promesse fatte, ma che poi non ha mantenuto (seguono poi informazioni sui curatori della comunicazione di Matteo Renzi ndr)».
La Iena spiega, poi, la differenza tra informazione verticale (i giornali e i servizi che ci giungono) e orizzontale (chiunque può parlare con chiunque, soprattutto su Internet), e sottolinea come il Paese subisca una esemplificazione clamorosa di questioni importanti ( a seguito della domanda postagli dal moderatore in merito alcuni spot troppo banali sul referendum, facendo scadere il tutto in mera robaccia). In sostanza, in Italia si semplifica tantissimo. Pone quindi l’esempio dei film di Natale, ricchi di umorismo di bassa categoria (doppi sensi, flatulenze, ecc), teoricamente destinato ai bambini di 10/11 anni, ma che, a detta di Dino Giarrusso, investe una vasta fetta di pubblico, lo stesso a cui poi è destinato lo spot scadente. «A me non spaventa il messaggio semplificato, è la menzogna nel messaggio semplificato che mi fa paura». Dopo alcune considerazione sul referendum, tra elogi ad Enrico Mentana e al giornalismo obiettivo, non appoggiato da alcun partito, si chiude la quarta lezione (CLICCA QUI per vedere il video integrale) della scuola di formazione politica ATLAS.
Francesco Raguni
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