LONDRA – Ieri in Gran Bretagna gli inglesi si sono recati alle urne per decidere se lasciare l’Unione Europea o restarci: alla fine, durante la notte, hanno vinto i no con il 51,9%. Alla luce della vittoria dei Leave sui Remain, la Gran Bretagna si trova a fare i conti con le procedure successive all’esito positivo del referendum in tema. Infatti, se a Gibilterra i pro-Euro avevano schiacciato gli euroscettici con il 95.4 %, alimentando le speranze di Remain, a Sunderland i favorevoli a lasciare l’Ente comunitario europeo si sono imposti con il 61,3%. Nella capitale inglese, centro nevralgico della finanza, i Leave (25%) avevano perso contro i Remain (75%). Secondo quanto riporta LaRepubblica.it la maggior parte dei giovani fra i 18 e i 24 anni hanno votato contro il Brexit, mentre gli anziani over 65 hanno votato a favore.
Ma cosa comporta per i cittadini britannici l’uscita dall’Unione Europea? In primis un forte deprezzamento della sterlina con conseguente instabilità dei mercati azionari. La moneta nazionale inglese, così, amplia la sua perdita sul dollaro a 1,33: è il calo più forte di sempre. In secundis la necessità di formalizzare la richiesta di recesso: la Gran Bretagna potrebbe agire a tal proposito il 28 giugno, data di riunione del Consiglio Europeo. L’iter di approvazione della richiesta prevede una maggioranza qualificata sia del Parlamento Inglese che da quello Europeo, nonché del Consiglio suddetto. Qualora non si raggiungesse l’accordo, il recesso resterebbe comunque in vigore con le seguenti conseguenze: rinegoziazione con il resto del mondo degli accordi commerciali della Gran Bretagna come Paese membro dell’Unione Europea e la perdita delle libertà di movimento, di lavoro e di assistenza pubblica gratuita nei Paesi membri.
Il leader dell’UKIP, partito euroscettico, Nigel Farage, ha così commentato la vittoria del Brexit: «Abbiamo dominato questa campagna elettorale e per questo siamo stati demonizzati. Ma ho stretto molte mani di persone che non vogliono stare in UE, abbiamo visto che la metà della popolazione non vuole più rimanere. Ora sarà importante quello che accadrà nel resto dell’Europa. L’UE è destinata al fallimento e prima o poi noi vinceremo questa guerra». L’UKIP avrebbe poi dichiarato, secondo quanto riporta LaRepubblica.it: «È l’Independence Day». David Cameron, Premier inglese, invece, aveva già parlato di dimissioni qualora i Remain battessero i Leave. Tuttavia, con una lettera firmata da ben 84 conservatori, tra cui vi sono chiaramente 2/3 di euroscettici, è stato chiesto a Cameron di restare in carica. Farage, come prevedibile, invece, avrebbe già “preteso” le dimissioni dell’attuale Premier. Anche i laburisti, inoltre, sembrano convinti di rassegnare le dimissioni. Se nulla dovesse cambiare, molto probabilmente il Primo Ministro britannico lascerà il proprio incarico entro ottobre: la data precisa non è ancora stata annunciata, però.
Certamente in Italia, all’alba della vittoria del Brexit, ci si è ripetutamente chiesti se è possibile uscire dall’Unione Europea tramite referendum popolare. La risposta è chiaramente no, e a confermarlo è l’art.75 della Carta Fondamentale, che disciplina tale tipo di referendum. Ai suoi sensi: «È indetto referendum popolare per deliberare l’abrogazione, totale o parziale, di una legge o di un atto avente valore di legge quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. Non è ammesso il referendum per le leggi tributarie e di bilancio, di amnistia e di indulto, di autorizzazione a ratificare trattati internazionali. […] La legge determina le modalità di attuazione del referendum». Ergo, qualora si decidesse di uscire dall’UE, la proposta dovrebbe arrivare tramite un’iniziativa legislativa delle Camere o comunque dal popolo «mediante la proposta, da parte di almeno 50.000 elettori, di un progetto redatto in articoli» (art. 71 Cost. , comma 2). Si ricorda, inoltre, che, ai sensi dell’art. 50 della Costituzione, «tutti i cittadini possono rivolgere petizioni alle Camere per chiedere provvedimenti legislativi ed esporre comuni necessità».
Francesco Raguni
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Articoli di proprietà di Voci di Città, rilasciati sotto licenza Creative Commons.
Sei libero di ridistribuirli e riprodurli, citando la fonte.
Ti piacerebbe entrare nella redazione di Voci di Città? Hai sempre coltivato il desiderio di scrivere articoli e cimentarti nel mondo dell’informazione? Allora stai leggendo il giornale giusto. Invia un articolo di prova, a tema libero, all’indirizzo e-mail entrainvdc@vocidicitta.it. L’elaborato verrà letto, corretto ed eventualmente pubblicato. In seguito, ti spiegheremo come iscriverti alla nostra associazione culturale per diventare un membro della redazione.