L‘estate è ormai alle porte e, come sempre, milioni di persone non vedono l’ora di raggiungere la propria spiaggia preferita per trascorrere qualche ora di relax sotto l’ombrellone e magari fare una bella nuotata in mare. Tuttavia, ogni anno che passa si constata sempre di più con i propri occhi la scarsa pulizia che caratterizza buona parte dei litorali italiani. A tal proposito, l’indagine Beach Litter 2016, condotta per il terzo anno da Legambiente, ha analizzato lo “stato di salute” delle coste peninsulari, servendosi della composizione e delle dimensioni dei rifiuti come principali parametri di valutazione per la stesura del rapporto.
I volontari della lega ambientalista (“armati” di sacchetti e tanta buona volontà), nelle settimane che precedono l’apertura della stagione balneare 2016, hanno battuto una superficie grande poco più di un ettaro, raccogliendo oltre 33mila rifiuti spiaggiati, per una media di 714 rifiuti presenti in un fazzoletto di 100 metri lineari. La plastica è il materiale di cui è composta i 3/4 della spazzatura raccolta. Si tratta di una sostanza organica, ricavata in gran parte dal petrolio, scarsamente resistente a temperature decisamente elevate come quelle estive. Quasi tutti i rifiuti plastici non sono biodegradabili e per questo motivo il loro processo di smaltimento è notoriamente lento. Al termine di questo “Giro d’Italia” ecologista, Legambiente ha assegnato la “maglia nera” al litorale sabbioso di Fiumicino, in prossimità del Tevere, dove si accumulano i detriti provenienti dal vicino fiume. Qui sono stati trovati oltre 5.500 rifiuti in un 100 metri di spiaggia.
Le attività di pesca sono tra le maggiori cause di inquinamento delle coste italiane, come dimostra la quantità di rifiuti individuata in alcune località, a partire da Canovella de’ Zoppoli a Duino Aurisina, nel litorale triestino (dove il 65% dei rifiuti trovati sono riconducibili alle reti utilizzate dai pescatori per la raccolta delle cozze in mare), fino al Golfo di Taranto. Dall’analisi dei dati diffusi da Legambiente emerge, quindi, un quadro tutt’altro che positivo e aumenta di pari passo la consapevolezza che sui fondali marini siano presenti tonnellate di spazzatura. Un mare di rifiuti che rischiano di tagliare le gambe alla fauna e alla flora di quei luoghi, oltre che penalizzare l’economia e le risorse turistiche.
Gabriele Mirabella
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