Solo pochi mesi fa un cacciatore uccideva Cecil, il famoso leone dalla criniera nera simbolo dello Zimbabwe, per decapitarlo ed esibirlo come un trofeo. Ancora una volta la storia si è ripetuta ed è stato il turno di un buffo quanto sfortunato volatile, il Martin pescatore con i baffi, detto anche “uccello fantasma” poiché assai raro.
Dopo anni di ricerca a Guadalcanal, nelle isole Salomone dell’Oceano Pacifico, il direttore del Pacific Program del Centro per la conservazione e la biodiversità del Museo americano di storia naturale a New York, Chris Filardi, è riuscito ad individuare un esemplare maschio, a catturarlo e a fotografarlo. Fin qui niente di strano, anzi: un maschio di questa specie era stato avvistato pochissime volte e mai fotografato, per questo il ricercatore aspettava un simile momento da più di vent’anni. Poco dopo, però, lo scienziato lo ha soppresso per effettuare ulteriori studi. Nonostante il coro di critiche sollevato a causa dell’azione ingiustificata, Filardi ha continuato a difendere la sua scelta affermando: «Sebbene gli avvistamenti e le informazioni sull’uccello siano rari nella comunità ornitologica, l’uccello in sé non lo è e non corre il rischio di estinzione imminente». Inoltre prendere un esemplare per studiarlo darà la possibilità di effettuare un’accurata analisi e studiare l’impatto dell’uomo sulla sopravvivenza della specie.
Tale spiegazione non ha convinto però il professor Marc Bekoff, noto studioso di ecologia e biologia evolutiva presso l’Università del Colorado, il quale ha denunciato la necessità di «smettere di uccidere in nome della conservazione o in nome della ricerca o in nome di qualsiasi altra cosa. È sbagliato e crea un precedente terribile».
Linda Pedonese
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