In poco meno di dieci anni, sono stati tanti i capovolgimenti di fronte, i dubbi e le sorprese, nel caso Alex Schwazer. All’interno di questo articolo cercheremo di ripercorrere le tappe principali di questa vicenda, tornata attuale dopo le ultime decisioni del gip di Bolzano.
Alex Schwazer, un nome che ha fatto sempre discutere. Prima in positivo, vincendo l’oro olimpico a Pechino 2008, nella 50 km di marcia, poi in ottica negativa, dovuto alla (scusate il gioco di parole) positività al test anti-doping, poco prima della successiva olimpiade, quella di Londra 2012.
Dopo la straordinaria vittoria nel 2008 alle olimpiadi di Pechino, nella sua specialità, ovvero la 50 km di marcia, ottenuta stabilendo il nuovo record olimpico, la carriera di Alex Schwazer, sembrava in declino. Ai mondiali del 2009, infatti, si ritira per dei problemi allo stomaco; agli europei del 2010, dove parte favorito, arriva secondo; nel 2011, ai nuovi mondiali di atletica di Daegu, arriva addirittura nono.
Il 2012 è l’anno delle olimpiadi, quelle di Londra, quelle che un atleta sogna e aspetta fin da quando è bambino. L’allora campione in carica, il nostro Alex, abituato da sempre a stare sotto i riflettori, evidentemente, non ci sta a fare un’altra gara sottotono. Vuole difendere il suo titolo. Ma come, purtroppo accade tante volte nello sport, per farlo decide di doparsi.
L’atleta azzurro viene scoperto proprio alla vigilia delle gare olimpiche. Il 6 agosto del 2012, in un controllo a sorpresa della WADA, ovvero dell’agenzia mondiale anti-doping, viene trovato positivo all’eritropoietina. Quest’ultima, chiamata più comunemente EPO, stimola una maggior concentrazione di globuli rossi nel sangue, migliorando il trasporto di ossigeno ai tessuti e garantendo una maggiore resistenza alla fatica.
Lo stesso Schwazer, durante una conferenza stampa organizzata, ammetterà di essersi dopato “per essere competitivo come gli altri”. Olimpiadi saltate e squalifica di quattro anni: questa la decisione del tribunale anti-doping.
Come tutti gli sportivi, Schwazer non vuole lasciare la scena. Tantomeno in questo modo. Nell’aprile del 2015 ritorna ad allenarsi, e decide di prendere come allenatore, Sandro Donati, simbolo di grande professionalità e di lotta al doping. La scelta è chiara a tutti: vuole mettersi alle spalle tutto quello che di brutto è successo.
Finita la squalifica, Alex, torna a gareggiare l’8 maggio del 2016, vincendo, subito, la 50 km ai mondiali a squadre di Roma. Sembra l’inizio del riscatto, l’occhio è già rivolto alle olimpiadi di Rio. Ma poche settimane dopo, il 21 giugno, arriva la notizia di una nuova positività dell’atleta.
L’esame viene, però, contestato sia dall’azzurro che dal suo team. Il controllo era, infatti, risultato negativo, ma successivamente viene riscontrata la presenza di metaboliti nel testosterone. Schwazer presenta, immediatamente, ricorso al TAS (Tribunale Arbitrale dello Sport), il quale, dopo aver analizzato il caso, lo respinge. Squalifica di otto anni e praticamente fine della sua carriera. Anche la IAAF, l’organizzazione mondiale per l’atletica, lo sospende con effetto immediato.
Nonostante ciò, Alex non vuole darla vinta, neanche, ai giudici o alle federazioni internazionali. Cerca una disperata rimonta su questi nuovi “avversari“. Fa emergere numerose prove e testimonianze per confermare la sua innocenza. Sono tante le incongruenze che vengono alla luce.
Le stesse provette di urina (che hanno dato esito positivo), prelevate a casa di Schwazer nel gennaio del 2016, sono rimaste un giorno intero a Stoccarda, in quanto il laboratorio di destinazione, quello di Colonia, era chiuso. Inoltre, quando il Gip del tribunale di Bolzano ha richiesto un campione delle urine, è stato consegnato non il campione richiesto.
Soltanto nel 2018 quest’ultime arrivano in Italia, e vengono affidate ai Ris dei carabinieri di Parma per una perizia sul DNA. Una volta analizzate le provette, i Ris hanno riscontrato “delle discordanze non compatibili con la fisiologia dell’atleta“. Schwazer e il suo allenatore sono sicuri della manomissione delle provette.
Dopo anni di battaglia giudiziaria, il gip del tribunale di Bolzano, la settimana scorsa, viste anche queste prove, ha disposto l’archiviazione del procedimento penale a carico del marciatore altoatesino “per non aver commesso il fatto“.
Lo stesso, giudice per le indagini preliminari, ritiene che le urine siano state alterate, sottolineando, anche, una scarsa collaborazione da parte dell’agenzia mondiale anti-doping (WADA) e della World Athletics, l’organizzazione mondiale per l’atletica. “Hanno operato in maniera totalmente autoreferenziale non tollerando controlli dall’esterno fino al punto di produrre dichiarazioni false”.
Nella sua dichiarazione si legge: “È quindi provato che la manipolazione delle provette, che lo scrivente ritiene provata con altro grado di probabilità razionale, avrebbe potuto avvenire in qualsiasi momento a Stoccarda come a Colonia, ove si è dimostrato esservi provette non sigillate, dunque agevolmente utilizzabili alla bisogna”. “Ritengo accertato con alto grado di credibilità razionale, che i campioni d’urina prelevati, a Alex Schwazer l’1-1-2016, siano stati alterati allo scopo di farli risultare positivi e dunque di ottenere la squalifica e il discredito dell’atleta come pure del suo allenatore, Sandro Donati”.
Entrambe le organizzazioni sentendosi, in qualche modo, attaccate dalle dichiarazioni del gip, si dichiarano inorridite per l’archiviazione del procedimento penale. La World Athletics, addirittura, ha fatto sapere che Schwazer resterà sotto squalifica fino al 2024 e che, quindi, non potrà partecipare alle olimpiadi di Tokyo (in programma quest’estate, dopo essere state rimandate l’anno scorso, causa pandemia). Questo il virgolettato della federazione mondiale per l’atletica: “Rifiutiamo qualsiasi intento, da parte dell’atleta o altre persone, di minare o annullare la decisione finale e vincolante del TAS“.
Dopo l’archiviazione del procedimento penale, l’obiettivo dell’atleta altoatesino, è di presentare ricorso all’Alta Corte Federale del tribunale svizzero: l’unica sede, dinnanzi alla quale, può essere impugnato un arbitrato contro il Tas di Losanna.
L’archiviazione del procedimento penale a carico dell’atleta azzurro, è sicuramente un buon punto di partenza per cercare di ribaltare la sentenza del tribunale di Losanna. La carriera dell’altoatesino è ancora appesa a un filo, che sembra essere un po’ più resistente rispetto a qualche mese, o anno, fa.
Continua la marcia di Alex Schwazer, e del suo allenatore, verso la verità!
Giuseppe Tosto
Fonte foto: Tullio M. Puglia
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Giuseppe, classe 1999, aspirante giornalista, è laureato in Scienze Politiche (Relazioni Internazionali). Fin da piccolissimo è appassionato di sport e giornalismo.
Simpatiche, si fa per dire, le scene di quando da piccolo si sedeva nel bar del padre e leggeva la Gazzetta dello Sport “come quelli grandi”.
È entrato a far parte di Voci di Città, prima, come tirocinante universitario e, poi, come scrittore nella redazione generalista e sportiva. Con il passare del tempo, è diventato coordinatore sia della redazione sportiva che di quella generale di VdC. Allo stesso tempo, al termine di ogni giornata di campionato, cura la rubrica settimanale “Serie A, top&flop” e scrive anche delle varie breaking news che concernono i tempi più svariati: dallo sport all’attualità, dalla politica alle (ahimè) guerre passando per le storie più importanti, centrali o divertenti del momento.
Il suo compito in sintesi? Cercare di spiegare, nel miglior modo possibile, tutto quello che non sa! (Semicit. Leo Longanesi).