Napoli è una delle località più celebri per il cosiddetto “cibo di strada“(o street food, che fa più trendy). Lo street food ha una storia vecchia di 3000 anni. Tutto iniziò quando, ad Atene, i venditori ambulanti preparavano nei propri baracchini minestre di fave e zuppa calda di ceci. Mentre nell’antico Egitto, al porto d’Alessandria, per un pasto veloce, gli ambulanti proponevano a marinai e passeggeri un fritto di pesce o qualche spiedino di carne. Nell’Antica Roma, invece, c’erano le “tabernae“, come testimoniano gli scavi di Pompei. Si trattava di vere e proprie botteghe che vendevano cibo da consumare direttamente sul bancone.
Se in passato lo street food era il cibo dei poveri, oggi identifica la tradizione e la cultura di un particolare territorio: è rappresentativo di una realtà urbana che ha fatto di una necessità una virtù. In Italia sono molte le regioni che possono vantare ricette che rientrano nella definizione di “cibo da strada”. Tra queste vale la pena di citare il toscano lampredotto, o il palermitano panino con la meusa (la milza). Oppure, ancora, la piadina romagnola e la farinata genovese. Tuttavia, è sicuramente Napoli la metà più gettonata per gli amanti del genere.
Napoli, infatti, secondo i dati presentati dal Centro Studi Turistici di Firenze e Confesercenti, nel 2019 si è posizionata al secondo posto nella classifica delle città d’arte italiane più visitate. Lo street food napoletano ha radici forti nel proprio popolo, e girando tra le vie della città, non puoi fare a meno di essere attratto dalle invitanti vetrine che mostrano delizie della cucina partenopea con orgoglio…
Insomma, se una volta passeggiando per Spaccanapoli erano le statuine del presepe a catalizzare l’attenzione dei turisti, oggi sono soprattutto i profumi e i colori del cibo da strada, esposto da botteghe e bar. È non è solo la caratteristica via che divide Napoli in due metà ad essere la destinazione preferita da tutti coloro che vogliono solo perdersi tra odori e sapori della cucina locale: infatti, anche tra le eleganti vie di Chia non si può fare a meno di fermarsi per assaggiare la pizza a portafoglio, detta anche “pizza a libretto”: una pizza ripiegata su sé stessa.
Napoli, dunque, si candida ad essere la meta numero uno dello street food “all’Italiana”! Ma quali e quanti sono i cibi che possiamo assaggiare tra i suoi vicoli?
Se la tradizione ci lega a piatti come la mozzarella in carrozza, in cui la mozzarella di bufala viene fritta all’interno di pane raffermo, ad attenderci accanto all’ingresso di Castel dell’Ovo troviamo i taralli caldi. Nati sul finire del ‘700, la storia racconta che furono i panificatori a inventarli per non buttare via i ritagli del loro lavoro. Oggi si vendono singolarmente o in porzioni e soddisfano tutti i gusti (ne esistono anche versioni vegane e senza glutine).
Non si dimentichi il casatiello: la torta salata, tipica del periodo pasquale, i cui ingredienti di base sono: formaggio, salame, ciccioli e uova.
E poi il re dello street food napoletano: ò cuoppo fritto! Massima espressione del mantra napoletano che recita: “Nel dubbio? Friggi sempre!”, di solito è composto da: zeppole di pasta cresciuta (una pastella a base di acqua, farina e lievito poi fritta), panzarotti (detti anche crocché) fatti di patate formaggio e prosciutto, pizzelle o montanare (pizzette fritte) e sciurilli fritti (fiori di zucca ripieni e fritti), scagliuozz (triangoli di polenta fritti), palle di riso e fritattine (frittate di timballi di pasta).
Napoli, infine, non dimentica chi ama il dolce, anzi. Il capoluogo campano offre tutto ciò che si possa immaginare pensando alla parola “dessert”…
Sfogliatelle ricce, frolle o in versione salata. Babà piccoli, grandi, medi arricchiti da panna montata, crema o cioccolato; mini pastiere, cannoli (presi in prestito dalla cultura siciliana) e ovviamente le zeppole dolci ripiene di crema pasticciera.
Grande assente in questo articolo è la pizza napoletana. Ma lei merita un articolo solo per sé!
Selene Coccato
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