Oggi, nel mondo, si stima una popolazione composta da quasi sette miliardi e cinquecento milioni di persone. Purtroppo, molte di queste soffrono la fame, la povertà, la denutrizione, la disperazione vera e propria, e tutte si trovano, in gran maggioranza, nel continente africano. Tuttavia, le cose potrebbero cambiare molto presto grazie alla tecnologia, la quale, con la produzione della famigerata moneta digitale Bitcoin – rete peer-to-peer che consente di effettuare pagamenti senza l’utilizzo di una moneta legalmente esistente e attestata da un ente governativo come lo Stato di appartenenza -, molti nativi africani potranno cominciare ad avere accesso a un sistema finanziario progredito.
E non si tratta di un’invenzione di tecnofinanza, ma di una realtà ben presto raggiungibile: difatti, la prima nazione che potrebbe avvalersi di questa metodologia è il Senegal, il quale rappresenterà una sorta di test, per vedere se questo strumento possa realmente funzionare. Qualora tutto andrà a gonfie vele come previsto, il franco CFA, la moneta attualmente in corso in Africa, verrà associata alla valuta digitale sopracitata. Gli Stati che ne beneficeranno saranno probabilmente il Burkina Faso, il Benin, la Costa d’Avorio, il Mali, il Niger, il Togo e la Guinea Bissau. La nuova valuta verrà denominata eCFA e sarà emessa dalla Banque Régionale de Marché in tutti gli Stati che l’hanno accettata. Mediante portafoglio elettronico online, questa moneta permetterà di eseguire transazioni su tutte le piattaforme adatte e tramite smartphone. Affidabilità, sicurezza e interoperabilità, queste le garanzie offerte dall’eCFA.
Meno nel 20% della popolazione africana può approfittare di servizi bancari basilari ed esistenti in ogni singola parte del mondo: tramite la tecnologia alla base del Bitcoin, Blockchain, il singolo individuo potrà invece possedere anche un conto corrente personale. Alla stregua di ogni altra banconota, l’eCFA sarà formata da una filigrana, il numero di serie e la sottoscrizione del governatore statale. eCurrency assegnerà a ogni singola banca un motore per la produzione di valuta digitale, dispositivo da tenere all’interno di un caveau in modalità offline e da utilizzare solamente in caso di necessità. I Paesi che già ne fanno uso, a oggi, sono l’Ecuador e la Tunisia, ma parecchi istituti di credito mondiali stanno pensando di appropriarsene. Non si riuscirà forse a sanare il divario fra l’occidente e le popolazioni, cosiddette, del Terzo Mondo, ma dove possibile, provare a portare un po’ di pace e di prosperità sarebbe davvero l’aspirazione migliore.
Anastasia Gambera
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