FOLLONICA (GR) – Negli ultimi giorni, sul web, è circolato un video dove tre dipendenti del supermercato LIDL di Follonica, in provincia di Grosseto, rinchiudevano due donne di etnia rom all’interno di un gabbione (esterno alla struttura) che al suo interno ospita dei cassonetti e la cui unica uscita è stata sbarrata appositamente con un muletto: a riprendere il tutto, inoltre, sarebbero stati proprio i due impiegati, i quali affermano a gran voce nel video che «non si può entrare nell’angolo rotture della LIDL» e «chiuse in gabbia»; successivamente l’inquadratura si sposta su una delle due gitane, la quale inizia ad urlare come la peggiore delle fiere ingabbiata. Le due donne, rinchiuse poiché beccate a rovistare tra l’immondizia, sono state rilasciate – secondo quanto riporta Il Post – pochi minuti dopo. Il tutto sarebbe accaduto, comunque, giovedì 23 febbraio, durante un’ordinaria mattinata di lavoro, e la LIDL – non appena venuta a conoscenza del filmato – ha preso le distanze dai dipendenti tramite un comunicato pubblicato sulla propria pagina Facebook ufficiale, altresì nota come Lidl Italia: «Siamo venuti a conoscenza del video diffuso in rete. Prendiamo le distanze senza riserva alcuna dal contenuto del filmato che va contro ogni nostro principio aziendale. Lidl Italia si dissocia e condanna fermamente comportamenti di questo tipo. L’azienda sta verificando le circostanze legate al video e si avvarrà di tutti gli strumenti a disposizione, al fine di adottare i provvedimenti necessari nelle sedi più opportune». Diversa invece è stata la risposta di Andrea Benini, sindaco di Follonica: «Solidarietà ai lavoratori della Lidl di Follonica che, stufi dei numerosi furti da parte dei rom nel supermercato, hanno catturato una ladra per assicurarla alla giustizia. Stanno subendo una persecuzione inaccettabile, addirittura rischiano il posto di lavoro. Non possiamo più resistere – riporta il Corriere Fiorentino – in uno Stato che obbliga le persone a farsi giustizia da soli a causa dei continui tagli al comparto sicurezza e poi li condanna quando lo fanno, lasciando nella più assoluta impunità i veri criminali. Io sto con chi si difende!».
Di fronte a quanto appena detto l’Italia si è letteralmente spaccata in due: prontamente Matteo Salvini, segretario della Lega Nord, ha postato il video su Facebook scrivendo «Io sto con i LAVORATORI (li contatterò già oggi per offrire loro tutto il nostro sostegno, anche legale) e non con le ROM “FRUGATRICI”. Ma quanto urla questa disgraziata??? #ruspa e CONDIVIDI!», Roberto Saviano invece ha scritto – rispondendo per le rime al leader del Carroccio – «Matteo Salvini qualche ora fa ha postato questo video con un commento che è istigazione a commettere reati gravissimi (per esempio sequestro di persona). Deve avergli fatto male, molto male, la palma bruciata a Milano dopo il post in cui invitava a usare una motosega. È evidente che Salvini ha perso la testa, e nel tentativo di intercettare il voto delle persone peggiori del nostro sventurato Paese, non esita ad incitare a realizzare reati gravissimi. Diffondere, senza stigmatizzare, un video in cui due folli sequestrano (e ridono mentre lo fanno) una donna solo perché non italiana è inaccettabile da chiunque, da un comune cittadino e da un parlamentare a maggior ragione. La politica, tutta, isoli Salvini immediatamente perché chi si allea con lui ne condivide i deliri che come risultato possono avere solo la fine della democrazia. Tutto questo sembra una caricatura e invece è il volto più terrificante del tempo che ci è toccato vivere.
p.s. Non ho mai scritto una cosa del genere, ma provo pena e disprezzo per i 30mila utenti di Facebook che hanno mostrato apprezzamento per questo abominio. Condivido questo post di Salvini, pur provando ribrezzo, perché è l’unico modo per mostrare quello che ha scritto e avere prova di quanto in basso possa arrivare un politico, di quanto in basso possa arrivare un uomo».
Proviamo, adesso, ad analizzare i vari capi d’accusa di cui potrebbero essere passibili le rispettive parti. Le due rom, infatti, potrebbero essere accusate per furto: ai sensi dell’art. 624 del Codice Penale chiunque s’impossessi della «cosa mobile altrui» per trarne profitto (per sé o per terzi) è punito con un determinato periodo di reclusione che va dai sei mesi ai tre anni più una multa le cui cifre sono prescritte dal comma 1 del suddetto articolo. In questo caso il bene mobile sarebbe proprio (per quanto possa sembrare strano) l’immondizia, che avrebbe ancora un valore sociale – secondo quanto riporta studiocataldi.it – dato che può essere riciclata e comunque sarebbe di proprietà del Comune. Il furto sussiste qualora tali beni vengano sottratti da cassonetti (come nel caso specifico) ovvero da piazzole ecologiche (come conferma la sentenza 350 del 23 febbraio 2016 della sezione penale del tribunale di Udine). Non sussisterebbe tuttavia nessuna delle aggravanti prevista, nelle ipotesi di furto, dall’art. 625 del Codice Penale.
I tre dipendenti, invece, sarebbero accusati di violenza e sequestro di persona: ai sensi dell’art. 610 del Codice Penale chiunque «con violenza o minaccia» costringa altri a «a fare, tollerare od omettere qualche cosa» è punito con un periodo di reclusione che non può eccedere i 4 anni (la pena si aggrava, in base a quanto disposto dall’articolo 339 dello stesso codice, qualora la violenza sia commessa da «persone riunite»), mentre – per quanto riguarda il sequestro di persona – ai sensi dell’art. 605 del Codice Penale chiunque privi un soggetto della sua libertà personale è punito con la reclusione da sei mesi a otto anni. La libertà personale, inoltre, è la stessa tutelata dall’articolo 13 della Costituzione italiana: in base al precetto normativo in questione essa è inviolabile (comma 1), le uniche forme di detenzione ovvero qualsiasi altro tipo di restrizione della stessa devono essere motivate da atto giudiziario e/o eseguite nei soli casi consentiti dalla legge (comma 2); è comunque punita «ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà». A questo punto, la domanda che sorge spontanea è: cosa avrebbero dovuto fare i tre dipendenti che hanno sorpreso le due rom a rovistare tra i rifiuti? Le donne sono state infatti colte in stato di flagranza ai sensi dell’articolo 382 del Codice di Procedura Penale, cioè nell’atto di commettere un reato, tuttavia il nostro ordinamento legittima, in base all’articolo 383 dello stesso codice, l’arresto in stato di flagranza da parte di terzi che non fanno parte della Polizia qualora ricorrano i casi dell’articolo 380 CPP (in questo caso si tratta di delitto non colposo, per l’appunto il furto) e comunque quando si tratti di delitti perseguibili d’ufficio (e il furto non lo è più dal ’99 in seguito alla modifica operata dalla legge 205/1999). Ergo i due non erano legittimati ad agire, né tantomeno a filmare il tutto, tutt’al più si sarebbero dovuti limitare a chiamare tempestivamente le Forze dell’Ordine. Fermo restando le conseguenze sul piano del diritto del lavoro (i tre impiegati adesso rischiano il licenziamento), e tralasciando per un attimo le fattispecie normative, molti si chiedono: è giusto semplicemente aspettare che arrivi la Polizia per arrestare chi viene sorpreso a rubare?
In un Italia dove il Movimento 5 Stelle si configura sempre più come terzo polo della scena politica interna, che accentua ancora di più la separazione tra la destra che avanza e la sinistra che si divide, la Lega fa di questi episodi veri e propri punti di forza della sua campagna elettorale in vista delle future elezioni. Tra la disinformazione dilagante e un sempre più forte senso di patriottismo, cresce in maniera esponenziale l’odio per il diverso: la strumentalizzazione di fatti che coinvolgono persone non italiane è ormai uno dei cavalli di battaglia di chi vuole (ri)lanciarsi in politica. Probabilmente la vicenda se avesse riguardato esclusivamente italiani in senso stretto, non avrebbe avuto tutto quest’eco, probabilmente se in gabbia fossero finiti degli extracomunitari, magari approdati sulle nostre coste a bordo di un barcone, avrebbe avuto il triplo della risonanza mediatica che sta ricevendo in questo momento. Il Partito Democratico ha preso le difese delle due rom, leggendo il tutto in una chiave di lettura che non ha come filtro il fatto in quanto tale ma le dichiarazioni di Salvini sullo stesso. Basti pensare al tweet di Andrea Marcucci, senatore del PD: «Salvini sta con i dipendenti del supermercato che hanno chiuso le donne rom in un gabbiotto, io sto dalla parte della legge che dovrà appurare i reati commessi da quei dipendenti». E nell’attesa che la legge faccia il suo corso, mentre i maggiori partiti italiani si sfidano a chi dichiara di fornire più tutela legale verso la parte di cui intende prendere le difese, non ci resta che ricordare come non sempre giustizia sia sinonimo di diritto.
Francesco Raguni
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