Fonte: Los Angeles Times
La regular season NBA è ferma dallo scorso 11 marzo, quando la lega decise di rinviare a data da destinarsi la gara tra Oklahoma City Thunder e Utah Jazz a pochi istanti dalla palla a due, in seguito alla positività al coronavirus di Rudy Gobert, centro francese della squadra di Salt Lake City, che in seguito ha contagiato anche il suo compagno di squadra Donovan Mitchell. Gobert è stato criticato da molti colleghi e addetti ai lavori per il suo atteggiamento noncurante nei confronti del virus: pochi giorni prima della sua positività, infatti, il due volte vincitore del premio di Difensore dell’anno aveva toccato tutti i microfoni e i registratori dei giornalisti in conferenza stampa, per poi passarsi le mani sul viso e toccare gli oggetti dei suoi compagni di squadra nello spogliatoio. Il tutto per rassicurare tutti sulla pericolosità del coronavirus, a suo dire ingigantita dai media. L’avvenimento avrebbe contribuito ad incrinare irrimediabilmente i rapporti tra i due.
Nel frattempo, la NBA ha anche disposto la sospensione a tempo indeterminato della stagione, ma non si arrende all’idea di cancellare l’annata 2019-2020, anche a costo di stravolgere completamente i calendari dei vari appuntamenti in programma nei prossimi mesi: il Draft al Barclays Center di Brooklyn il 25 giugno, l’inizio della free agency il 1 luglio, la Summer League tra il 5 e il 15 luglio. “Attualmente non siamo nella posizione di poter prendere una decisione sull’eventuale ripresa della stagione. Il nostro obiettivo è ovviamente ricominciare a giocare il prima possibile, ma ci atteniamo ai dati che ci comunicano fonti governative e medico-sanitarie, per cui non è chiaro quando saremo in grado di prendere una decisione. Ci teniamo a precisare che la sicurezza dei giocatori, dei dipendenti e di tutte le persone viene prima di tutto. Quando alcune settimane fa dissi che probabilmente saremmo stati in grado di prendere una decisione entro maggio, non intendevo dire che avremmo semplicemente dovuto attendere il primo giorno del mese per avere una risposta.”, ha dichiarato in merito il commissioner Adam Silver, mettendo in evidenza il fatto che l’incertezza generale impedisca di fare previsioni affidabili sulla possibile ripartenza del campionato di basket più famoso e seguito al mondo.
Fonte: USA Today
In questo senso, le stime più ottimistiche, tra cui quelle riportate dal giornalista di ESPN Brian Windhorst, prevedono una ripresa graduale nel giro di tre settimane, con circa undici giorni di lavoro individuale in palestra e due settimane di training camp con le rispettive squadre, cercando di evitare i contatti e rispettare le fondamentali norme igienico-sanitarie. Un’ipotesi che tuttavia non trova il consenso di tanti dei diretti interessati, tra cui Chris Paul, leader e trascinatore degli Oklahoma City Thunder nonché presidente della National Basketball Players Association, il sindacato dei giocatori NBA: “Non sappiamo se effettivamente la NBA stia valutando una soluzione del genere. Se così fosse, la nostra risposta sarebbe ovviamente no. Non possiamo mettere a rischio i giocatori, pochi allenamenti potrebbero causare tanti infortuni. Dobbiamo essere noi a dare indicazioni in merito alla lega, perché siamo noi quelli che scendiamo in campo. Nessuno sa cosa succederà. Mi fa piacere vedere che tutti vogliano tornare a giocare, ma al primo posto c’è la salute di giocatori, tifosi, dirigenti, famiglie e di tutte le persone.”, le parole del classe ’85, che quest’anno ha disputato il decimo All-Star Game della sua carriera e sta recitando un ruolo di primo piano tra le file dei sorprendenti Thunder, anche e soprattutto grazie all’apporto dell’italiano Danilo Gallinari.
Poco meno di un mese fa, si era parlato tanto della possibilità di una ripresa a porte chiuse in una località unica e distante dalle zone rosse, ad esempio Las Vegas, in Nevada, già sede della NBA Summer League dal 2004. La Sin City appare la destinazione migliore perché è dotata di tanti alberghi di lusso e di arene in cui potrebbero affrontarsi le varie squadre, con un primo turno dei playoff al meglio delle cinque gare (e non sette) e in seguito, dalle semifinali di Conference, il ritorno al formato classico, ma con le sfide in back-to-back, dato che le squadre coinvolte non dovrebbero affrontare le lunghe trasferte in aereo che solitamente comportano l’allungamento dei tempi per la conclusione dei playoff. Nel caso in cui la lega dovesse davvero optare per la città famosa per la vita notturna e il gioco d’azzardo, gli allenamenti potrebbero ripartire il 1 luglio, poi circa due settimane di training camp con le squadre al completo e tre settimane per scrivere la parola fine sulla regular season e dare il via alla post-season ad agosto.
Fonte: Vox
In caso di ripresa a metà giugno-inizio luglio e di Finals ad agosto, il Draft potrebbe slittare a fine agosto, mentre nei primi dieci giorni di settembre sarebbe il turno dell’inizio della free agency e della Summer League, con la stagione 2020-2021 che partirebbe a dicembre, magari a Natale (ipotesi che piace a tanti), e si concluderebbe a metà giugno. Nel 2011-2012, anno del lockout NBA, avvenne una cosa simile: il mancato accordo tra i giocatori e le rispettive squadre per rinnovare il contratto collettivo, infatti, fece slittare l’inizio della regular season al 25 dicembre 2011, con la stagione che venne ridotta a 66 partite.
Dennis Izzo
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Coordinatore editoriale di Voci di Città, nasce a Napoli nel 1998. Nel 2016 consegue il diploma scientifico e in seguito si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza presso l’Università Federico II di Napoli. Tra le sue tanti passioni figurano la lettura, i viaggi, la politica e la scrittura, ma soprattutto lo sport: prima il calcio, di cui si innamorò definitivamente in occasione della vittoria dell’Italia ai Mondiali 2006 in Germania, poi il basket NBA, che lo tiene puntualmente sveglio quasi tutte le notti da ottobre a giugno. Grazie a VdC ha la possibilità di far coesistere tutte queste passioni in un’unica attività.
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