Per un calciatore ci sono modi e modi per lasciare un ricordo indelebile di sé. Una giocata d’autore in una partita decisiva, infatti, può bastare a far entrare chiunque nella storia del calcio. Ci sono alcuni calciatori, però, che riescono a far parlare positivamente di sé anche e soprattutto per ciò che fanno fuori dal rettangolo di gioco. E no, non c’entrano nulla il gossip, gli eventi mondani o le lussuose vacanze, ma qualcosa di molto più rilevante e di impatto a livello sociale: l’impegno profondo per aiutare i più bisognosi, che rende questi calciatori meritevoli di attenzioni ed elogi in virtù delle loro nobili azioni. La fama viene ritenuta da molti un problema difficile da gestire, che cambia (spesso in peggio) i caratteri e le abitudini delle persone. Non tutti, infatti, sanno gestire il peso della fama, ma quest’ultima, se ben sfruttata, può essere una risorsa straordinaria e in grado di offrire innumerevoli opportunità, abbattendo anche le barriere più resistenti che separano universi sociali completamente differenti.
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Ad avvalorare quest’ultima tesi vi è il fatto che molti calciatori strapagati, prima di divenire tali, abbiano avuto a che fare con contesti sociali durissimi, tra povertà e criminalità diffuse e scarse speranze di avere una vita migliore, se non, appunto, affidandosi alla magia del pallone. Lo sa bene Marcus Rashford, che ormai da anni è uno dei principali punti di riferimento del Manchester United, una delle squadre più gloriose della storia del calcio inglese ed internazionale, nonché la sua squadra preferita sin da piccolo. 23 anni da compiere il prossimo 31 ottobre, il nativo di Wythenshawe, un sobborgo di Manchester, tra il centro e l’aeroporto della città, è reduce dalla sua miglior stagione in carriera: nel 2019-2020, infatti, ha messo a referto 22 reti in 44 presenze tra campionato e coppe, stabilendo il suo personale record di gol in una singola annata e confermandosi uno dei migliori talenti del panorama calcistico europeo (e non solo).
Oltre a ciò, il suo nome è sulle bocche di tutti per il suo enorme sostegno ai meno fortunati. Durante il lockdown, ad esempio, Rashford ha chiesto che i buoni pasto delle mense scolastiche venissero garantiti anche durante l’estate a quasi un milione e mezzo di studenti (poco più del 15% del totale) e ha iniziato a collaborare con FareShare, associazione che si occupa di evitare gli sprechi alimentari e combattere la malnutrizione, convincendo anche aziende del calibro di McDonald’s a unirsi alla campagna. Grazie alla sua donazione e a una campagna di raccolta fondi organizzata sul profilo Twitter dello stesso calciatore, sono stati in breve tempo raccolte circa 450.000 sterline, che hanno permesso di garantire ben tre milioni di pasti alle famiglie più povere del Regno Unito. Lo stesso numero 10 del Manchester United ha spesso raccontato di aver vissuto un’infanzia difficile, cresciuto dalla sola madre, che ha dovuto fare gli straordinari per non fargli mancare mai nulla. Oggi il buon Rashford ha superato le difficoltà dell’infanzia e ha permesso alla madre e a sé stesso di riscattarsi, pur non dimenticando mai le proprie origini e continuando a sfruttare la sua popolarità per fare da megafono a chi non ha voce e rischia di essere abbandonato al proprio destino.
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Il suo intento è perfettamente riuscito, tant’è che la regina Elisabetta lo ha insignito del prestigioso titolo di membro dell’Ordine dell’Impero Britannico (MBE) e il primo ministro britannico Boris Johnson ha dovuto rivedere alcune delle sue posizioni, ad esempio quella relativa ai sopracitati buoni pasto scolastici, in seguito al notevole impatto mediatico ottenuto dalla campagna #MaketheUturn lanciata da Rashford (sostenuta da numerose personalità di spicco del mondo del calcio, tra cui la leggenda del football britannico Gary Lineker), che ha permesso di ottenere 120 milioni di sterline per assicurare un pasto gratuito a milioni di famiglie del Regno Unito, non solo di Manchester. Soltanto una delle tante battaglie vinte dal fuoriclasse dei Red Devils e della Nazionale inglese (con cui ha preso parte agli Europei 2016 in Francia e ai Mondiali in Russia due anni fa), che si batte senza sosta per debellare la povertà e fare in modo che tutti abbiano gli stessi diritti e che è consapevole che a ogni successo farà seguito un’altra lotta da portare avanti, con la stessa passione di sempre, quella che, in campo e fuori, lo ha reso un’atleta e un uomo speciale.
Rashford, che spegnerà 23 candeline tra meno di una settimana, ha ancora tanti anni di carriera davanti a sé per migliorare ulteriormente e ottenere traguardi sempre più importanti. Finora ha messo in bacheca già quattro trofei, tutti sotto la guida di José Mourinho, ossia una FA Cup, un Community Shield, una Coppa di Lega e una Europa League, ed è diventato il più giovane calciatore della storia del Manchester United a segnare in un match internazionale, siglando una doppietta nella gara di Europa League vinta 5-1 col Midtjylland il 25 febbraio 2016 che gli ha permesso di battere il precedente record di George Best. Quest’ultimo, insieme a nomi del calibro di Bobby Charlton, Denis Law, Ryan Giggs, Wayne Rooney e Cristiano Ronaldo, è solo uno dei tanti che hanno fatto la storia con una delle squadre più iconiche del mondo del calcio sin dall’inizio della propria carriera. All’infinita lista si può aggiungere senza alcuna esitazione il nome di Rashford, che ha conquistato tutti a suon di giocate spettacolari e gol da cineteca, ma soprattutto ha già raggiunto il successo più bello e importante della sua vita: salire alla ribalta con la maglia della squadra della sua città e diventare l’eroe dei bambini e delle famiglie di Manchester e dell’intera Inghilterra, nonché un esempio da seguire per tutti.
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La sua storia può insegnare tante, tantissime cose. Innanzitutto, è una testimonianza concreta del fatto che non si debba mai rinunciare ai propri sogni, perché spesso e volentieri i calciatori vengono invidiati e criticati per i loro stipendi e il tenore di vita elevato, dimenticandosi però che molti di loro arrivano in cima dopo anni e anni passati a sudare per emergere, crescendo in contesti dove la sopravvivenza rappresenta una conquista da ottenere con le unghie e con i denti. Inoltre, essa è un monito importante per governanti e politici di tutto il mondo, che hanno il dovere di non lasciare nessun individuo in preda alla fame e alla disperazione, e ai calciatori stessi, i quali devono essere consapevoli di avere un privilegio che può cambiare in meglio le vite delle persone in ogni angolo del globo.
Rashford va elogiato soprattutto per non aver dimenticato le sue origini, quasi come se fosse ancora nella sua Wythenshawe, a prendere ben due mezzi pubblici e camminare circa un chilometro a piedi per raggiungere il campo di allenamento del Manchester United o a chiedere a un suo compagno di classe di portare qualcosa in più a pranzo per poter mangiare. Non tutti, però, apprezzano il fatto che un calciatore multimilionario si batta per queste cause: non sono pochi, infatti, coloro che danno per scontati certi comportamenti, sottolineando gli ingenti guadagni dei giocatori professionisti per giustificare le loro buone azioni, quasi come se fossero dovute e disinteressate. Eppure, se tutti agissero come Marcus Rashford, che ci mette il portafogli, sì, ma anche e soprattutto la testa e il cuore, il mondo sarebbe un posto decisamente migliore.
Dennis Izzo
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