BOLOGNA – Procolo amava studiare; sapeva di essere uno dei pochi privilegiati ad avere i requisiti per frequentare lo Studium bolognese e voleva essere all’altezza dei sogni che si era prefissato. Chissà quante volte, solcando le soglie fondate da Irnerio, avrà immaginato il giorno in cui avrebbe conseguito la fatidica laurea, pregustando già la gioia di imbandire – come di consuetudine per gli studenti di Bologna – una parata per le vie della città, organizzare banchetti in pompa pagna, liberarsi di libri e vestiti pregiati e donarli ai propri insegnanti.
Il suo sogno “d’alloro” lo ha condotto sulla strada del Convento di San Procolo, dove ha preso in affitto una stanza e si è adeguato ai ritmi giornalieri dei monaci. La giornata del giovane cominciava prima dell’alba al suono trionfale delle campane della chiesa e finiva a tarda notte, insieme alle membra sfinite del povero studente. Questi frequentava le lezioni durante tutto il dì e non si coricava prima di aver terminato tutto quel che si era prefisso. Alla fine, però, l’impavido e tenace “guerriero” è caduto in “battaglia”: l’inverno era troppo rigido in quel lontano 1393 e la sua stanza troppo fredda per permettergli di restare sveglio e con la mente impegnata sino a tarda notte senza ammalarsi: nonostante le cure, Procolo è morto e il suo assassino porta il nome di Università. Una lapide posta sulla facciata della chiesa di San Procolo ricorda lo sventurato studente:
«Se Procolo fosse stato lontano
dalla campana di Procolo
ora Procolo sarebbe lontano
dallo stesso Procolo.
Anno del Signore 1393».
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