Cavalcano nel deserto del Sahara da più di mille e duecento anni, vengono chiamati “uomini blu” per via del colore dei loro abiti e, pur essendo musulmani, adottano un’ideologia progressista riguardo l’emancipazione della donna.
I Tuareg sono una tribù seminomade berbera, abitanti autoctoni del Nordafrica, stanziati lungo i territori del deserto del Sahara come il Niger, il Mali e l’Algeria. L’etimologia del nome Tuareg è incerta: potrebbe significare “abitanti della targa”, una ristretta regione del Fezzan, o “abbandonati da Dio” a causa della loro resistenza alle prime ondate di islamizzazione araba dei paesi sahariani tra il XI e XIV secolo.
Vengono chiamati gli “ultimi uomini liberi” perché si distinguono dagli Arabi che vivono nelle loro stesse zone facendosi chiamare Mazighen, che significa appunto “uomini liberi”. Rifiutano l’assimilazione con le culture circostanti per preservare i propri costumi e, a causa di questo, i Tuareg si sono spesso scontrati con i rispettivi governi. Vengono chiamati anche “gli uomini blu” per via del turbante blu scuro, il tagelmust, che lascia scoperti solo gli occhi, i piedi e le mani e che hanno sempre indosso, anche di notte, per proteggersi dai raggi del sole e dalla sabbia alzata dal vento del deserto. La pelle, con gli anni, prende il colore indaco di quella maschera che non tolgono mai, da qui l’etimologia di “uomini blu”. Presentano una caratteristica fisica particolare dovuta alla secolare presenza della tribù nel Sahara: la palpebra superiore tende a superare quella inferiore e a formare una piega nell’angolo esterno dell’occhio. Questa mutazione genetica gli permette di avere un’ottima difesa dalla luce intensa e dalle raffiche di vento tanto frequenti in tutta l’area sahariana. Merito dei Tuareg è stato quello di aver introdotto l’utilizzo dei dromedari come mezzo di trasporto, ideali per lunghi trasferimenti e utili fornitori di latte. Per secoli hanno vissuto come dominatori del deserto, temibili predoni che praticavano l’allevamento, il commercio, la razzia e la pastorizia, ma a partire dal 1960 molti di loro si sono sedentarizzati.
La società Tuareg è molto gerarchizzata e si divide in tre classi: nobili, vassalli e schiavi. La classe dei nobili comprende i proprietari di grandi greggi e cereali, posseggono terre e vivono in villaggi dove le case sono costruite con mattoni e pietre, mentre i vassalli sono piccoli proprietari assoggettati ad un nobile. Le abitazioni dei nomadi, invece, sono tende o capanne smontabili. Lo schiavismo è sempre stato un tassello importante nel commercio delle tribù, ma con il passare del tempo è stato quasi soppresso. Quando un nobile possiede troppi schiavi concede loro la libertà, a condizione che siano giovani e che siano abbastanza forti per provvedere al loro sostentamento. Schiavi anziani e malati non vengono mai liberati e il loro padrone li deve mantenere.
I Tuareg sono musulmani ma presentano una cultura fortemente progressista per quanto riguarda l’emancipazione della donna, la quale ha una libertà maggiore rispetto ad altre culture islamiche. Infatti, le donne non portano il velo come vorrebbe la dottrina di Maometto, ma questo è d’obbligo solo per gli uomini mentre per le donne è necessario un velo che copra solo la testa. La spiegazione degli uomini della tribù a questa curiosa contraddizione rispetto alle leggi islamiche è un semplice «vogliamo vedere i loro bellissimi visi». Le decisioni politiche spettano comunque agli uomini, anche se le donne godono di libertà decisionale e vengono spesso consultate da figli e mariti. Le ragazze hanno la stessa libertà dei maschi, e le donne, prima di sposarsi, sono libere di avere più partner sessuali. Vengono corteggiate dagli uomini con poesie e canzoni scritte da loro stessi, e anche le ragazze, che imparano l’alfabeto fin da piccole, scrivono poesie ai loro ammiratori. Nonostante questa grande libertà concessa, esiste un codice di condotta molto rigido che regola le relazioni di coppia. L’uomo, infatti, dovrà far sì che ogni incontro con la donna si svolga con discrezione e rispetto, dal momento che la privacy è molto importante per la tribù, e dovrà quindi lasciare la tenda tassativamente prima dell’alba.
Può destare stupore per un occidentale il fatto che, dopo un divorzio, tutti i beni diventino di proprietà esclusiva delle donne, lasciando l’ex-marito senza un tetto e in cerca di ospitalità presso parenti di sesso femminile. Questo accade perché sono le donne ad essere le proprietarie della tenda e degli animali, in quanto vengono donate dai genitori della sposa in occasione del matrimonio. Il divorzio sembra non essere poi così raro nelle tribù Tuareg, e non è visto nemmeno come un epilogo assai negativo. Infatti, quando avviene un divorzio, i genitori della ormai ex sposa organizzano una festa per annunciare che la propria figlia è di nuovo disponibile. Sono tante le curiosità riguardo al rapporto uomo-donna nella società Tuareg. Ad esempio, mangiare di fronte a una donna con la quale non si può avere una relazione sessuale oppure di fronte alla propria suocera è visto come un gesto maleducato e disonorevole.
Le tribù Tuareg, pur riuscendo a conservare le più antiche tradizioni delle popolazioni berbere dell’Africa del nord, presentano la visione di una donna completamente emancipata e partecipe alla vita sociale della tribù. Proprio per questa tradizione progressista, in netto contrasto con le ideologie di gruppi estremisti islamici, le confederazioni Tuareg sono in pericolo. In particolare le tribù del sud-ovest della Libia devono fronteggiare la minaccia dell’Isis, mentre quelle del Mali, Niger e Nigeria sono sempre più intimorite dall’ascesa di Boko Haram.
Gianluca Merla
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