Il termine di recente introduzione nella lingua italiana indica la paura di restare sconnessi dalla rete di telefonia mobile o di perdere il telefono. La sindrome che si diffonde da anni e che ha raggiunto il suo apice durante il Covid-19. Il termine è composto dal prefisso di No-mobile e dal suffisso -fobia.
Diversi studi fatti in Gran Bretagna hanno mostrato i dati riguardo la nomofobia. Circa il 53% degli utenti in possesso di un telefono mobile provano ansia nel ritrovarsi senza internet o con la batteria scarica. Hanno inoltre aggiunto che lo stesso tipo di stress che si prova quando si perde il telefono è uguale a quello provato il giorno prima del matrimonio.
Altri studi hanno portato a galla le opinioni degli intervistati e quasi il 70% ha affermato di sentirsi più “liberi” sulla rete mentre solo il 30% ha affermato di provare un senso di oppressione. I dati hanno mostrato come questo fenomeno sia aumentato negli anni successivi al 2008, ovvero con l’uscita dei primi Iphone e Android.
Uno studio americano, realizzato da Common Sense Media, ha coinvolto intere famiglie per un totale di 1.240 interviste telefoniche. Un adolescente su due si sente dipendente dal suo apparecchio mobile e il 59% dei genitori è di identico parere. Sono i genitori a usare la tecnologia mobile in modo sbagliato, dando così un cattivo esempio ai propri figli.
Negli ultimi anni infatti la nomofobia ha contagiato sempre di più anche i ragazzi dagli 8 ai 15 anni. Questo deriva dalla cattiva abitudine di lasciare i propri figli collegati sulla rete senza alcuna supervisione.
La paura di restare scollegati dal mondo a volte può addirittura sfociare in sintomi fisici come vertigini, tremori, sudorazione, nausea e dolore toracico.
Coloro che hanno combattuto la nomofobia sono quei pochi nomadi o addirittura piccole comunità che hanno scelto di abbandonare la tecnologia. Tra di essi si trovano le comunità degli Amish, che da sempre aberrano l’idea del progresso, allontanandosi dalle nuove proposte Hi-Tech
Di grande impatto in Europa e anche in Italia sono gli Ecovillage, ovvero villaggi dove si vive a stretto contatto con la natura evitando di usare il più possibile la tecnologia. La loro comunità si basa sulle energie rinnovabili e la solidarietà, ma i diversi villaggi in Italia hanno delle regole tutte proprie.
Quello che è certo è che queste persone che hanno deciso di abbandonare la vita comune così come la conosciamo ora hanno forse creato una piccola breccia per sconfiggere la nomofobia.
Annamaria Lupo
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