La sua scelta di vivere in tenda ha dato al ventiduenne neozelandese David Hyde la notorietà che gli serviva per compiere la missione che si era prefissato, ovvero mostrare concretamente al mondo quali condizioni i neolaureati, per quanto meritevoli e volenterosi, siano costretti ad accettare pur d’inserire nel curriculum una di quelle esperienze lavorative che lo renderebbe “più competitivo” rispetto a tutti gli altri: nessuna paga, nessun rimborso spese e il vitto e l’alloggio assolutamente non forniti. Ci sono, però, delle occasioni che non si possono perdere, nemmeno se si tratta di accettare simili condizioni: un prestigioso stage presso l’ONU, per esempio.
Eppure Hyde, dopo aver rilasciato diverse interviste a quotidiani e notiziari di ogni nazionalità, ha pensato bene di “levare le tende” letteralmente: il 14 agosto scorso, infatti, ha smontato la propria casa-tenda blu, fatto i bagagli e dato le proprie dimissioni dallo stage ben prima dello scadere dei sei mesi previsti: «Non ce la faccio più» ha ammesso prima di smontare la tenda e rinunciare definitivamente al suo posto dietro una scrivania dell’ONU. Sabine Matsheka, coordinatrice dell’Associazione stagisti di Ginevra, ha espresso il proprio rammarico per la decisione di David e per la vita che il giovane ha dovuto fare durante la sua permanenza presso le Nazioni Unite. «Non è possibile pagare gli stagisti, nemmeno se volessimo» ha dichiarato la stessa Matsheka che ha voluto sottolineare anche «credeteci, vorremmo farlo».
La storia del giovane stagista costretto a vivere in tenda perché non poteva permettersi i costosi affitti degli appartamenti cercati a Ginevra, ha commosso i ginevrini a tal punto che, già dopo la prima intervista rilasciata alla Tribune De Genève, il quotidiano francese che l’ha reso un vero e proprio “caso mediatico”, Hyde ha cominciato a ricevere proposte di ospitalità e addirittura il prestito di una bici per potersi muovere più comodamente; proposte che ha cordialmente rifiutato.
«Non volevo suscitare pietà»ha spiegato, «ditemi che sono giovane e idealista, che sono stato ingenuo. Ma non credo che questo sistema sia giusto. E spero che l’ONU diventi un esempio da seguire, anche sugli stage».
La replica delle Nazioni Unite, sempre per bocca di Sabine Matsheka, è stata immeditata: «È una linea decisa dall’Assemblea generale, facciamo il possibile per aiutare gli stagisti, ad esempio negoziando abbonamenti scontati per i mezzi pubblici». Evidentemente, però, “il possibile” non è sufficiente per offrire ai giovani in cerca di un’opportunità delle condizioni quanto meno accettabili ed era proprio questo il messaggio che Davide Hyde, con la propria scelta di vivere in tenda, ha voluto sottolineare, cercando di fare ulteriore luce sulla difficile situazione in cui si trovano tanti giovani stagisti come lui.
Simona Raimondo
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