Diventato, negli ultimi dieci anni, uno dei prodotti più usati per la cosmesi e la cura del corpo, il prezioso olio d’argan, unguento dalle molteplici proprietà positive, proviene da una storia di tradizione e rivalsa femminile che contribuisce, in una certa maniera, a renderlo ancor più pregiato di quanto non sia già. L’olio dorato che ha il potere d’idratare profondamente la pelle e, al contempo, proteggerla dagli agenti esterni più aggressivi, proviene dalla regione marocchina di Sousse, dove si trova la più grande foresta al mondo di arganier, ovvero gli alberi da cui viene ricavato l’argan. Per gli abitanti della regione a sud-est del Marocco, gli alberi che producono l’olio d’argan costituiscono la più importante risorsa del loro territorio: grazie al commercio dell’olio cosmetico, infatti, gli abitanti di Sousse riescono a gestire la loro economia abbastanza da garantirsi un tenore di vita soddisfacente e mandare a scuola i propri figli.
L’estrazione dell’olio, effettuata ancora oggi manualmente, è una pratica che spetta alle donne marocchine sin dall’antichità: gli uomini di Sousse sono perlopiù contadini e pescatori e contribuiscono in tal modo al fabbisogno delle famiglie; per dare anch’esse il loro contribuito, alle donne non rimane che spremere le radici dei tanti arganier ed occuparsi di estrarne l’olio. Compito che le marocchine hanno sempre svolto con particolare dedizione, senza farsi intimidire nemmeno dal processo di globalizzazione che, in epoca recente, ha portato ad una crescita esponenziale della domanda d’olio d’argan, costringendole a serrare i ritmi di lavoro per aumentare la produzione.
Per tutelare il loro prezioso operato sono nate decine di cooperative, alcune delle quali promosse dalle industrie cosmetiche che utilizzano maggiormente l’argan per i loro prodotti, come la francese L’Oréal e la tedesca Henkel. La nascita delle cooperative ha permesso di regolamentare e preservare il lavoro delle migliaia di donne marocchine che producono l’argan e, inoltre, dando loro un lavoro retribuito, le ha portate a compiere un grande passo in avanti sulla via dell’emancipazione. «Non è stato facile», ha dichiarato Taârabt Rachmain, presidente della cooperativa Tamounte «i nostri mariti spesso erano contrari al fatto che avessimo un lavoro. All’inizio solo le vedove o le ragazze non ancora sposate potevano entrare nelle cooperative. La loro convinzione è cambiata quando si sono resi conto che anche le proprie mogli e figlie potevano contribuire all’aumento del reddito familiare».
La Tamounte, nata nel 2003, conta oltre 50 donne lavoratrici, le quali contribuiscono in misura sempre maggiore alle spese familiari grazie ai guadagni in continua crescita: il prezzo dell’olio d’argan sul mercato è raddoppiato negli ultimi cinque anni e, di conseguenza, anche i salari delle donne di Sousse. La suddetta cooperativa, inoltre, è oggi aperta ai visitatori, al fine di far conoscere e vendere a terzi il pregiato olio e promuovere lo scambio culturale con turisti stranieri. Purtroppo, però, l’albero d’arganier pare essere a rischio d’estinzione, cosa che non metterebbe in pericolo soltanto il lavoro delle cooperative femminili che producono l’olio, ma l’intero ecosistema del sud-est del Marocco, poiché l’albero ne è una parte fondamentale. Per preservare le foreste d’arganier, l’UNESCO ha creato il MAB, un piano di rimboschimento che pare aver già portato i primi risultati. È stata inoltre istituita la Fondazione Mohammed VI per la ricerca e la salvaguardia dell’arganier, sotto la presidenza di André Azoulay, consigliere di sua maestà Mohammed VI, il cui scopo è coordinare le azioni riguardanti l’arganier portate avanti dai ricercatori universitari, dai commercianti e dalle cooperative femminili di produzione dell’olio.
Simona Raimondo
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