La ripresa della coltura biologica di alcune antiche tipologie di grano, diverse dalle solite utilizzate per la grande produzione, ha portato in Sicilia alla riscoperta della coltivazione di un particolare tipo di grano duro chiamato col nome di Timilia o Tumminia.
Il filosofo tedesco Feuerbach asseriva: «Noi siamo quello che mangiamo». Nulla di più semplice e vero. Spesso infatti ci dimentichiamo che ciò che ingeriamo attraverso la bocca è utilizzato dal nostro organismo per costruire se stesso. La nostra energia, il nostro lavoro e i nostri pensieri sono derivati dal modo in cui ci alimentiamo e dalla qualità delle sostanze che inseriamo all’interno del nostro organismo. Per questo è molto importante dare maggiore attenzione alla qualità della nostra alimentazione anche se i ritmi e lo stile di vita moderno spesso non ne lasciano il tempo. Da qualche anno, per fortuna, una sempre crescente sensibilità rispetto ai temi del “biologico” e della “buona cucina” ha portato al recupero di una agricoltura più sana e ad un rapporto più diretto con la terra. Proprio su questa scia, si collocano molti agricoltori siciliani che hanno deciso di riprendere a coltivare le antiche varietà di grano che naturalmente fiorivano nell’isola e che rischiavano l’estinzione a causa della diffusione delle colture di massa. Fra queste antiche varietà, vi è il grano duro detto di Timilia o Tumminia, che facilmente cresce nei territori come la Sicilia, data la propensione a resistere anche alle alte temperature e alla siccità.
Conosciuto e coltivato fin dai tempi delle colonie greche, il grano di Timilia presenta delle caratteristiche uniche che lo rendono più sano e nutriente rispetto a grani utilizzati per la commercializzazione di massa. Essendo un grano molto resistente, anche alla siccità, non richiede particolari tecniche di coltivazione e cure ed è dunque adatto alle coltivazioni biologiche. Inoltre è naturalmente immune dai parassiti e questo fa sì che non sia necessario l’utilizzo di prodotti chimici, garantendo un grano e una farina biologici al 100%. Il grano di Tumminia ha un alto valore proteico e un basso indice di glutine e ciò lo rende più digeribile anche da chi presenta difficoltà nell’assorbimento di pasta, pane e altri prodotti derivati dalle comuni farine. A tal proposito, di recente è stato condotto uno studio pilota su 30 pazienti da parte del Centro Studi di medicina integrata (CSMI), con la collaborazione del Consiglio Nazionale dei Chimici, dell’Ordine dei medici di Palermo, del Gruppo Locorotondo di Palermo e di Legambiente. Scopo dello studio era testare come l’utilizzo di prodotti derivanti da farine di qualità come la Timilia allevierebbe o addirittura porterebbe alla scomparsa di alcuni disturbi intestinali, digestivi e allergici, dato anche il verificato aumento dell’incidenza dei sintomi legati alla sindrome dell’intestino irritabile negli ultimi 10 anni. I risultati dello studio pilota si sono rivelati positivi, mostrando che il consumo di prodotti realizzati con farina di grano Timilia ha portato un effettivo miglioramento delle condizioni dei pazienti presi in esame. Alla luce di questi risultati, Legambiente ha chiesto, tramite comunicato stampa, che Regione e Università collaborino al fine di continuare i test clinici e rendere scientificamente eccepibile e pubblicabile la ricerca, con ricadute sicuramente positive anche per l’economia siciliana.
Perché dunque non privilegiare qui in Sicilia la coltura e l’utilizzo di un grano più semplice da coltivare, più resistente, con impatto pari a zero sull’ambiente e con evidenti benefici per la salute, come il grano duro di Timilia? Perché relegare a una sola nicchia di conoscitori qualcosa che invece la terra ci offre con facilità e spontaneità? Non è forse illogico e controproducente per tutti? La risposta a queste domande purtroppo la si conosce, ed è legata alle logiche di produzione e guadagno globalizzate che tendono a comprimere l’unicità e le biodiversità dei singoli territori. Ma la speranza è quella di un’inversione di rotta che ci riporti a comprendere la “convenienza” nel rispettare e utilizzare ciò che la nostra terra ci offre.
Lorena Peci
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