Sistema politico italiano: tutti ne abbiamo sentito parlare e nessuno lo cambia. L’italiano medio, infatti, è colui che sa lamentarsi di tutto e del contrario di tutto, ma non fa mai nulla per sistemare qualcosa. Questo succede perché il popolo ha perso la fiducia in sé stesso e/o nella società: si ritiene che che il “sistema” sia un muro contro cui si possa solo sbattere. Così, l’Italia è rimasto l’unico Paese in serie difficoltà economiche che non si sia ancora ribellato – da anni gli indignados spagnoli si sono mobilitati contro il governo spagnolo, per esempio – alla continua pressione fiscale e ai provvedimenti che sembrano favorire le classi più agiate, indebolendo quelle medio-basse. Insomma, gli unici sit-in che gli italiani sono in grado di fare sono quelli davanti alle vetrine dei negozi per l’acquisto del nuovo iPhone o di vari gadget tecnologici di nuova generazione. Cosa ancor più grave è l’atteggiamento menefreghista dei giovani verso un sistema marcio che si pensa di non poter cambiare, senza soffermarsi sul fatto che i nuovi arrivati saranno il futuro, che starà a loro fare i conti con le gravi lacune economiche, politiche, sociali che il nostro governo, sempre più traballante, rende profonde.
Qualche adolescente catanese obietta dicendo: «Noi abbiamo occupato le scuole della nostra città; stiamo cercando di opporci al sistema italiano; lo facciamo per il nostro diritto allo studio». Credere che con la protesta di una settimana si possano realmente compiere dei passi verso il cambiamento significa credere che si possa sopravvivere a un mare in tempesta navigando su una zattera. Se si vuole lottare per i propri diritti, bisogna protestare in massa per mesi, si deve resistere finché non venga assicurato ciò che oggi la Costituzione conferisce solo teoricamente. L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro: quante volte abbiamo ripetuto e citato il primo articolo. Nonostante tutti lo conoscano e sappiano che la disoccupazione è un’emorragia estesa a tutto il nostro Paese, nessuno si fa garante di questo diritto. Non si è in grado di lottare per assicurarsi che, una volta usciti dalle scuole o laureati, si ottenga un lavoro, realizzazione della propria dignità personale. Noi italiani siamo il presente, noi siamo il futuro e – se non cambiamo il modo di vedere le cose, se non iniziamo a capire che se si vuole veramente il cambiamento bisogna “sporcarsi le mani” – a restarci sarà soltanto il presente, e nessun futuro.
Claudio Francesco Nicolosi
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