In Italia, la legislazione permette gioco, scommesse e lotterie solamente se l’autorità pubblica dà la propria autorizzazione, mentre il gioco d’azzardo, in generale, è vietato nei locali pubblici, come previsto dalla tabella dei giochi proibiti. Inoltre, secondo l’ordinamento italiano, non è possibile adire l’autorità giudiziaria per obbligare qualcuno a saldare dei debiti di gioco. Il 2012 è stato un anno importante per il gioco d’azzardo in Italia: importante per la sua evoluzione, importante per l’incremento del volume delle giocate e degli introiti da parte dello Stato; importante, infine, per i tentativi di porre un argine alle derive patologiche e ai riflessi negativi del gioco nei confronti delle fasce deboli della società. Tali tentativi sono poi confluiti nel cosiddetto Decreto Balduzzi, da poco approvato dal Parlamento; ma andiamo con ordine, partendo proprio dal testo approvato in via definitiva al Senato lo scorso 31 ottobre. Nel sopracitato decreto sulla sanità, infatti, vi è spazio anche per il divieto dei giochi online nei pubblici esercizi. A questo proposito, si legge: «È vietata la messa a disposizione presso qualsiasi pubblico esercizio di apparecchiature che, attraverso la connessione telematica, consentano ai clienti di giocare sulle piattaforme di gioco messe a disposizione dai concessionari on-line, da soggetti autorizzati all’esercizio dei giochi a distanza, ovvero da soggetti privi di qualsiasi titolo concessorio o autorizzatorio rilasciato dalle competenti autorità.»
Sono scattate, allora, maggiori tutele per evitare che i minori siano vittime di chi pubblicizza giochi con vincita: niente spot al cinema durante i film per piccoli, niente pubblicità sulla stampa dedicata durante (ma anche mezz’ora prima e dopo) le trasmissioni televisive under 18. Sono raddoppiati anche i controlli annui (circa diecimila) presso gli esercizi dove si trovano slot machine e sarà necessario perfino un piano di ricollocazione delle slot, affinché esse siano lontane da zone sensibili, come le scuole o i luoghi di culto, mentre le pubblicità dei giochi dovranno sempre indicare le relative probabilità di vincita. Il decreto riconosce, infine, la dipendenza da gioco d’azzardo (la ludopatia) come una patologia da curare presso i servizi pubblici per le dipendenze.
Va ricordato, però, che il decreto approvato è stato molto ridimensionato rispetto alla prima scrittura. L’aggiornamento è stato al ribasso a causa della pressione delle lobby, sottolineano le associazioni promotrici della campagna Mettiamoci in gioco. Infatti, esse sostengono che «l’inserimento del gioco d’azzardo patologico nei Livelli essenziali di assistenza non è accompagnato da una copertura finanziaria, i limiti alla pubblicità sono poco incisivi perché calibrati esclusivamente sui minorenni (e non tengono conto di tutte le forme di comunicazione), non viene dato alcun potere reale ai sindaci, ecc.» Anche secondo l’ANCI il Decreto Balduzzi è «insufficiente a contrastare il fenomeno. Non si può porre solo il problema sanzionatorio, bisogna pensare a come portare avanti un cambiamento culturale.» Per non parlare del fatto che è stato portato da 500 a 200 metri anche il limite di distanza per i nuovi giochi da scuole, ospedali e chiese.
Precedentemente all’approvazione del decreto, l’ex Presidente della Camera Fini aveva ricevuto una delegazione, la quale aveva consegnato una petizione popolare sottoscritta da oltre 16.500 cittadini, prevalentemente genovesi, per la regolamentazione delle sale scommesse Videolottery Terminal (VLT). A Vicenza, invece, il primo cittadino ha dichiarato guerra a scommesse e slot machine, affermando che sono «molti i casi non conosciuti di persone che si rovinano perché non riescono a uscire dal vortice del gioco.» Tale guerra al gioco è condivisa anche dal sindaco di Pavia, Alessandro Cattaneo: incontratisi a giugno per pianificare azioni comuni, i due sindaci hanno lamentato la scarsa attenzione dello Stato riguardo a questa delicata questione. Altissimi sono, infatti, i costi sociali del gioco: basti pensare che ogni anno in Italia i costi complessivi per la società dovuti al gioco patologico vanno dai 5,5 ai 6,6 miliardi di euro e che il mondo dell’azzardo investe in pubblicità circa mezzo miliardo di euro all’anno, soprattutto in rete.
Così, proprio per via della “assenza” dello Stato, gli enti locali hanno iniziato a prendere provvedimenti. Il 19 novembre 2012, per esempio, il consiglio comunale di Reggio Emilia, su proposta della giunta, ha votato una variante al regolamento edilizio che, fra le novità, introduce norme restrittive sul piano urbanistico per l’insediamento di sale da gioco pubbliche. Inoltre, lo scorso settembre è stato adottato il Codice di Autodisciplina da parte delle oltre 6.600 imprese concessionarie che aderiscono a Sistema Gioco Italia, l’associazione di categoria aderente a Confindustria: esso è stato redatto con la collaborazione dell’Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria (IAP), che ora avrà il compito di vigilare sul suo rispetto, e prevede che spot e manifesti abbiano «una chiara e precisa avvertenza» sul divieto per i minori e che debbano «suggerire che il gioco risolve i problemi.»A Venezia, invece, il Comune ha fatto partire la campagna Non farti giocare, dedicata principalmente ai giovani, mentre il 4 dicembre scorso è stata presentata la già citata Mettiamoci in gioco, una campagna nazionale contro i rischi del gioco d’azzardo promossa da diverse associazioni, quali Acli, Adusbef, Alea,Anci, Anteas, Arci, Auser, Avviso Pubblico, Cgil, Cisl, Cnca, Conagga, Federconsumatori, Federserd, Fict, Fitel, Fondazione Pime, Gruppo Abele, Intercear, Libera e Uisp. Tra le altre cose, le associazioni chiedono di: frenare il modello di “liberalizzazione controllata”, con una moratoria sui nuovi giochi; restituire potere decisionale alle comunità locali; impedire la pubblicità; inserire il gioco d’azzardo patologico all’interno dei Lea (Livelli essenziali di assistenza). Tutta la faccenda è resa ancora più grave dalla critica situazione economica in cui versiamo. L’economia mondiale (e, soprattutto, quella europea), infatti, sta attraversando un momento molto negativo e spesso viene spontaneo chiedersi cosa spinga la gente a rischiare di perdere i propri risparmi, visto che è risaputo quanto scarse siano le possibilità di vincita al gioco. Una possibile risposta potrebbe riguardare il presente tutt’altro che roseo che ogni cittadino si è improvvisamente ritrovato ad affrontare: andando in contro ad un futuro sempre più incerto e instabile, la popolazione è diventata molto insicura e risulta facile rimettersi alla fortuna, anche se poi in molti finiscono per pagare “a caro prezzo” la propria malriposta fiducia.
Enrico Riccardo Montone
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