Hikikomori in giapponese significa isolarsi. Proprio dal Giappone è partita quella che oggi sembra una malattia sempre più diffusa nelle società dei paesi che hanno economie sviluppate. Ragazzi e ragazze dai 15 ai 25 anni si ritirano dalla vita sociale cercando estremi livelli di confinamento e chiusura. In Italia gli Hikikomori o “auto-esclusi” sono oggi secondo uno studio dell’Università Cattolica circa 2 milioni e il dato è destinato a crescere se non si riuscirà a definirle tale disturbo socialmente e clinicamente. In Giappone, dove si è originato il fenomeno, i casi hanno superato il milione. Un problema sociale che non può più essere ignorato.
Per questo associazioni come Hikikomori Italia si battono per informare le famiglie di molti hikikomori e aiutarle ad affrontare il disagio psichico dei loro ragazzi. Questi non studiano e non lavorano, ansi spesso smettono di frequentare la scuola, non stingono rapporti d’amicizia, non parlano molto di sé in famiglia e vivono chiusi nella loro camera in contatto col mondo solo tramite pc e connessione internet. Sono bloccati, avviluppati in una coltre di paure generate dall’incapacità di sostenere la pressione esercitata dai modelli, dalle aspettative proprie e dei propri cari, dalla società sul loro futuro tanto da dover rinunciare a vivere. Molto spesso questo disagio psichico si origina da un trauma che per gli altri è impercettibile. Un voto negativo o un atto di bullismo o di violenza psicologica, una frase di scherno, un insulto che fende la psiche fragile del soggetto e lo porta nella prima fase della malattia ad allontanarsi progressivamente dalla famiglia, dagli amici isolandosi e escludendosi da qualsiasi tipo di esperienza immobilizzato dal timore del fallimento.
Il primo stadio della “Sindrome Culturale Giapponese” così, erroneamente, la definisce il DSM è cruciale. E’ qui che i familiari o gli amici della persona colpita, accortisi dei sintomi di tale disagio, devono intervenire e rivolgersi ad uno specialista che tempestivamente possa agire, prima della fase secondaria e più grave di isolamento totale. Attenzione a non confondere gli hikikomori con i soggetti che soffrono di dipendenza da Internet perché ciò si tradurrebbe nella privazione coatta per il soggetto dell’unica forma di contatto e comunicazione che egli esercita aggravandone la condizione di isolamento.
Questo disturbo è così nuovo che spesso lo si confonde con altri tipi di sofferenze psichiche o malattie come la depressione e non si riesce a diagnosticarlo dunque a curarlo. La società si evolve e lo sviluppo economico e tecnologico fa passi da gigante in tempi brevi. Ma forse c’è da chiedersi, alla luce di nuovi disagi psichici in sostenuto aumento specialmente tra le nuove generazioni, se si sia disposti a lasciare indietro molti, che diventeranno moltissimi, a continuare dritti verso mete sempre più ardue da raggiungere e dal peso insostenibile valide e realizzabili per pochi. O se allentare la pressione sociale, l’ansia, la fretta che ognuno prova di essere all’altezza della società. Rivedere i modelli di oggi cominciando, magari, a tendere la mano verso chi resta indietro.
Gilda Angrisani
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