Natale è ogni volta un periodo dell’anno in cui il tempo sembra fermarsi e fermarci: tutto, per qualche giorno, pare trasformarsi e la quotidianità continua il suo corso tra strade colme di lcui colorate, pasti infiniti e qualche preghiera o desiderio in più. E, se lo scambio compulsivo di regali desta in alcuni sgomento per una festa sacra ormai paganizzata, per altri rimane una vera caccia al tesoro, occasione per incrementare economia e sorrisi. Via allora alle liste di sogni e di wishlist esplicite o nascoste nei meandri della propria immaginazione.
Quali sono le speranze più ricorrenti? Ebbene, se l’Italia potesse scrivere una lettera a Babbo Natale, secondo un’indagine portata avanti da Baci Perugina in occasione dell’iniziativa #regalaunemozione, chiederebbe in dono proprio qualche emozione in più. Non cellulari di ultimo modello o borse firmate, bensì una pacca sulla spalla o una stretta di mano sincera. Il sondaggio condotto su circa 2500 italiani, uomini e donne tra i 18 e i 65 anni con metodologia WOA (Web Opinion Analysis) e su un panel di 30 esperti tra psichiatri e psicologi, monitorando attivamente i più diffusi social network, blog, forum e community, puntava a individuare proprio quali emozioni fossero più ricorrenti. Così, è emerso che 7 italiani su 10 chiedono una routine improntata su una più elevata dose d’affetto.
Ad andare più a ruba sarebbero gli abbracci (54%), mentre il 46% degli intervistati vorrebbe ricevere baci e il 41% sarebbe felice di trovare sotto l’albero sorrisi da persone inaspettate, così come una percentuale quasi analoga si accontenterebbe semplicemente, se così può dirsi, di avere accanto la presenza di chi ama. Si tratta di un risultato che contrasta con le abitudini rivelate dagli stessi soggetti nel gestire ogni giorno le relazioni: metà dei nostri connazionali, infatti, confessa di tenere a bada i propri impulsi emotivi e circa tre quarti si ritengono insoddisfatti della propria gestione d’affetto, perché è troppo poco quello che dànno e troppo poco quello che ricevono. Nel tran-tran di quasi tutti, invece, prevalgono l’ansia per certe scadenze e lo stress causato da situazioni familiari e lavorative.
D’altronde, non è un caso che l’incapacità di mostrarsi liberi di volere ed essere voluti bene, secondo alcuni studi come quello del Professor Kory Floyd dell’Hugh Downs School of Communication dell’Arizona State University, ha anche delle ripercussioni negative sullo stato di felicità e di salute in generale. E che si manifestino i propri stati d’animo sui social network non basta e non è una soluzione, tant’è che lo psichiatra Michele Cucchi, direttore sanitario del Centro medico Santagostino di Milano a tale proposito sottolinea: «Non siamo social se stiamo sui social: quello è un palcoscenico per il nostro narcisismo e autocentratura. Non viviamo nulla di emozionante lì».
Come se non bastasse, Cucchi fa notare che «negli ultimi 15 anni abbiamo fatto abbuffate e indigestione di consumismo e materialismo. Ora paghiamo un prezzo: ci sentiamo soli, confusi, spaventati e ci mancano le capacità base per socializzare e trovare conforto nell’altro. E come se stessimo un po’ andando contro la nostra natura di animale sociale. Per questo a Natale è più evidente il bisogno di attenzioni e di emozioni. È importante trovare il tempo nella routine per ri-abituarci ad essere animali sociali: ascoltare l’altro autenticamente e attivamente è la parola chiave». Quindi, in un mondo in cui il valore della sociabilità sembra essere sopraffatto da quello del denaro, in cui si combattono ancora guerre con la sempre più inconscia consapevolezza che talvolta la modernità non fa diminuire le cause di morte, e che anzi forse le moltiplica, riscoprire il significato di parole quali «umanità» può essere un modo per non dimenticare neanche un attimo l’unicità dell’esistenza.
Ci sarebbe, però, da chiedersi: abbiamo davvero bisogno di una data canonica per ricordarci di noi stessi e per cercare con più energia quello di cui abbiamo bisogno per stare bene? E, dall’altro lato, possiamo davvero pensare che un bambino che ha assistito a una qualche tragedia poi spopolata nella bacheca dei nostri profili non provi più emozioni? Entrambe le situazioni ci incutono timore, e allora aspettiamo il 25 dicembre per provare a fare chiarezza, con la sensazione di avere a quel punto una buona ragione in più per ripartire da zero.
Tuttavia, se è vero che ci sono molti ottimistici sostenitori dello slogan «a Natale puoi», c’è anche chi prende alla lettera il duo Jovanotti-Carboni, convinto che «o è Natale tutti i giorni o non è Natale mai» e che, quindi, bisognerebbe porsi il problema con maggiore frequenza, senza aspettare dicembre e l’arrivo di Babbo Natale per realizzare un desiderio come questo.
Concetta Interdonato
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