Se nel resto d’Europa gli affari per il mercato dell’auto elettrica vanno decisamente a gonfie vele, grazie soprattutto a politiche mirate ad incentivare questa tipologia di mobilità, in Italia essa si presenta come l’ennesima chimera dettata dal solito pressapochismo che impera all’interno delle nostre istituzioni. Tante promesse, come al solito, ma pochi fatti anche in materia di mobilità sostenibile. Il rischio di restare ancorati al palo è concreto, anche se a partire dal 2013 erano stati stanziati circa 20 milioni di euro, ricorda Il Sole 24 Ore, prima che il tutto naufragasse “nel mare procelloso” della burocrazia italica. Eppure vi sarebbero vantaggi cospicui a livello economico nell’avviare un nuovo settore industriale, senza dimenticare l’impatto positivo per l’ambiente.
Mentre le cronache di questi giorni parlano degli impegni fattivi assunti da grossi costruttori esteri come Volvo, che azzarda addirittura il passaggio completo all’elettrico a partire dal 2019, e di molte istituzioni europee, l’Italia al momento sembra essere tagliata fuori dal discorso. Di esempi virtuosi se ne contano a decine al di fuori dei confini nazionali: Francia e Spagna hanno varato nuovi incentivi a sostegno di imprese e consumatori, con il ministro dell’Ecologia transalpino Nicolas Hulot che ha annunciato appena due settimane fa un piano ad emissioni zero fortemente ambizioso che prevede il blocco delle vendite dei veicoli alimentati a gasolio e benzina entro il 2040 attraverso agevolazioni per chi rimpiazzerà vetture diesel con più di 20 anni e auto a benzina realizzate prima del 2001.
La strada da percorrere è ancora lunga in questo campo, tenendo presente che attualmente in Italia lo 0,01% dei veicoli immatricolati (pari a non più di 10mila autovetture circolanti sulle strade) è alimentato ad energia elettrica. Il costo elevato dei modelli, unito a una rete d’infrastrutture scadente e al ritardo con cui le nostre aziende automobilistiche si presentano all’appuntamento con quello che viene definito il futuro, fanno si che l’auto elettrica resti al momento un prodotto di nicchia.
Gabriele Mirabella
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Classe ’92, calcio e giornalismo (e la buona tavola) sono il suo “pane quotidiano”. Tra le fantasie più recondite, quella di comparire tra le figurine Panini, pur non avendo mai giocato in Serie A. Ogni tanto si diletta con telecronache improvvisate di match inesistenti, tuttavia gli amici vorrebbero che sostituisse Beppe Bergomi a FIFA. Il suo sogno nel cassetto? Commentare una finale dei Mondiali.