I progressivi cambiamenti climatici fanno suonare un campanello d’allarme in direzione dell’economia, le cui misure non possono continuare ad essere prese con indifferenza di fronte all’attuale stato delle cose. Vista la contingenza attuale, infatti, servirebbe un piano di sviluppo efficiente ed immediato e i grandi settori dell’industria non dovrebbero guardare con scetticismo ad un programma di crescita ad emissioni zero, poiché per esempio, come è stato dimostrato dal rapporto del New Climate Economy, sviluppo e salvaguardia ambientale possono viaggiare su binari paralleli e, al tempo stesso, consolidarsi a vicenda. Da più parti si avverte la necessità di coinvolgere in tale processo i governi dei Paesi maggiormente industrializzati, in particolar modo Stati Uniti, Cina ed Unione Europea. In queto senso, l’imminente G7 potrebbe tracciare una linea di condotta da seguire.
Da più di vent’anni la salvaguardia dell’ambiente è un tema di profonda e condivisa sensibilità. Sin dall’inizio degli anni Novanta, peraltro, l’Italia ha dato il proprio contributo per la tutela dell’ecosistema, ma la strada da percorrere al riguardo è lunga, anche se i governi che si sono succeduti alla guida del Paese negli ultimi due decenni si sono impegnati di volta in volta per sottoscrivere accordi internazionali di fondamentale importanza, fra i quali ricordiamo il Protocollo di Kyoto. Secondo rigorose direttive impartite di recente dall’UE, bisogna adesso impegnarsi nella riduzione del 20% delle emissioni di gas C02 nell’atmosfera, combinando il risparmio energetico con l’utilizzo di fonti di energia rinnovabili. Serve, pertanto, una spinta propulsiva e intelligente, che si serva particolar modo dell’innovazione tecnologica. Non a caso, già da tempo scienziati e ricercatori di tutto il mondo hanno lanciato un preciso avvertimento circa l’impossibilità di utilizzare, in futuro, i combustibili fossili per fini industriali: bisogna adoperarsi, dunque, nella ricerca di fonti di energia alternative.
Gabriele Mirabella
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