A quanti di noi, sui vari siti Internet, non sono mai spuntate le piccole finestrelle con su scritta la normativa privacy inerente i cosiddetti cookies – ovvero quella sorta di gettoni identificativi (fonte Wikipedia) –che raccolgono informazioni a lungo termine su chi naviga nel sito in questione? Probabilmente a tutti, ovvio, e se si conosce la funzionalità dei cookies, basta sapere questo per venire a conoscenza del fatto che il social network più popolato al mondo, Facebook, ha la consuetudine di raccogliere informazioni sulle abitudini di navigazione dei propri iscritti. Sì, esattamente come i comuni siti sparsi su Internet, ma con un unico scopo: tracciare un profilo preciso di ogni suo consumatore. E non si tratta solamente di nome, cognome, data di nascita eccetera, ma molto spesso proprio del pensiero generale di quella singola persona (dalla politica alla religione, fino alle preferenze più disparate).
Come riporta Focus, il fine principale è quello di creare delle pubblicità su misura per il navigatore di turno, il quale potrebbe trasformarsi, naturalmente, in un potenziale cliente. Nonostante lo scandalo di Cambridge Analytic abbia portato alla ribalta il fatto che, di fondo, Facebook si appropria dei nostri dati senza, possibilmente, riuscire a custodirli adeguatamente – come successo, appunto, nel suddetto scandalo –, ancora la maggior parte degli utenti tende a “nascondere la testa sotto la sabbia”. Non è male, tuttavia, che ci vengano fornite informazioni così, dal nulla, su articoli i quali avremmo intenzione di acquistare, ma se una volta tutto questo poteva apparire strano, oggi è la realtà e sappiamo perfettamente il motivo per cui accade.
Persino una ricerca del Pew Research (organizzazione americana indipendente che soprintende ricerche di stampo demografico e quant’altro) riporta il fatto che milioni di utenti, ancor oggi, non sanno di essere, in un certo senso, “sorvegliati speciali” da faccia-libro. In Italia, Facebook non raccoglie informazioni riguardo al proprio schieramento politico, ma in molti altri Paesi sì, cosa per la quale, essendo un social particolarmente utilizzato dagli inserzionisti per annunci di lavoro o di altro genere, si è scatenata una grossa polemica perché gli eventuali consumatori non accettano di sentirsi “esclusi” qualora si filtrassero i risultati di ricerca. Un aforisma molto famoso è quello citante che nella vita non si può volere “la botte piena e la moglie ubriaca”, quindi, per quanto ci si possa sentire infastiditi dalla questione dei dati personali, bisogna imparare a conviverci; altrimenti, non resta altro che cancellarsi da Facebook…
Anastasia Gambera
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Articoli di proprietà di Voci di Città, rilasciati sotto licenza Creative Commons.
Sei libero di ridistribuirli e riprodurli, citando la fonte.
Ti piacerebbe entrare nella redazione di Voci di Città? Hai sempre coltivato il desiderio di scrivere articoli e cimentarti nel mondo dell’informazione? Allora stai leggendo il giornale giusto. Invia un articolo di prova, a tema libero, all’indirizzo e-mail entrainvdc@vocidicitta.it. L’elaborato verrà letto, corretto ed eventualmente pubblicato. In seguito, ti spiegheremo come iscriverti alla nostra associazione culturale per diventare un membro della redazione.