Il continuo aumento delle accuse e delle critiche verso la crescente diffusione di notizie false ha convinto Facebook e Google a passare dalle parole ai fatti. Entrambi i colossi hanno in programma l’obiettivo di rendere sempre più difficile per gli utenti guadagnare attraverso la pubblicazione di notizie false, andando a diminuire gli annunci pubblicitari sui siti che diffondono bufale. Questa decisione è arrivata principalmente a causa dei fatti accaduti qualche ora dopo la fine dell’Election Day americano.
Per quanto riguarda Facebook, il social network fu accusato, nei giorni immediatamente successivi alla votazione presidenziale, di aver contribuito alla vittoria di Donald Trump attraverso la diffusione di una serie di notizie false contro la candidata democratica Hilary Clinton, in modo tale da influenzare l’elettorato americano. Secondo quanto diffuso dagli accusatori, l’algoritmo di Facebook avrebbe dato più visibilità a certe notizie false che sarebbero comparse sulle bacheche di milioni di utenti. Il sito di informazione BuzzFeed ha pubblicato un’analisi secondo la quale le venti notizie false sulle elezioni americane più seguite sul social network hanno generato 8,7 milioni di condivisioni, reazioni e commenti nei tre mesi precedenti alla votazione dell’8 novembre. Per fare capire la portata di tale dato, BuzzFeed l’ha confrontato con le condivisioni, le reazioni e i commenti generati dai venti articoli, dello stesso tema, pubblicati dalle fonti più autorevoli, tra cui il New York Times, il Washington Post, l’Huffington Post, nello stesso lasso di tempo: tale dato ammonta a 7,4 milioni. Ben 1,4 milioni di interazioni in meno rispetto alle notizie false. Da parte sua, Facebook si è difeso in maniera ufficiale, con Mark Zuckerberg che ha definito queste accuse folli, sostenendo di essere una fonte di informazione totalmente imparziale, anche se sta aumentando un generale livello di preoccupazione circa l’eccessiva diffusione di post e immagini razziste.
Passando a Google, la situazione è simile. Sul motore di ricerca, per alcune ore, a chi cercava i risultati elettorali finali delle elezioni americane compariva fra i primi risultati l’articolo di un sito alquanto particolare, tale 70News. Questo articolo recitava che Donald Trump, oltre ad avere vinto le elezioni, si era aggiudicato anche la maggioranza dei voti popolari. Notizia ovviamente falsa, in quanto Hilary Clinton ha ottenuto quasi 1 milione e mezzo di voti in più rispetto al candidato repubblicano. Il primo a muoversi in questa lotta alla diffusione delle notizie false è stato Google che in poco tempo ha eliminato da AdSense (circuito di raccolta proventi pubblicitari del motore di ricerca) le pagine web che creavano, riportavano e diffondevano notizie false a scopo di lucro. Poco dopo anche Facebook ha mosso in primi passi in questa direzione, andando a eliminare quasi totalmente i guadagni di chi diffonde bufale. Per quanto riguarda il social network, però, sorge un altro problema: se gli utenti interagiscono maggiormente con le notizie false rispetto a quelle vere, l’algoritmo di Facebook promuoverà e darà maggior visibilità a queste notizie false.
La guerra alla diffusione delle notizie false è iniziata e sembrerebbe non finire nell’immediato. Gli americani hanno dimostrato nel tempo che amano molto fare esperimenti in corsa e cambiare le cose quando sono già avviate. Prima o poi una soluzione verrà trovata e questo problema verrà meno: la speranza è che tale soluzione non arrivi troppo tardi.
Marco Razzini
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