Il 28 giugno è uscita nelle sale l’ultima fatica di Indiana Jones. Un’ultima fatica non solo per il regista ma anche per chi si trovava al cinema, entrambi vittima dell’assenza alla regia e alla scrittura di Lucas e Spielberg.
Oltre all’archeologico Harrison Ford, spiccano nomi importanti del cinema come Mads Mikkelsen, purtroppo sprecato nel suo ruolo e fin troppo sottotono. Talento degli ultimi anni e coprotagonista della pellicola è Phoebe Waller-Bridge, conosciuta per la fortunata serie Fleabag, di cui è autrice e protagonista: un vero gioiello che dovete recuperare. Altri nomi sono quelli di Antonio Banderas, Toby Jones e ritorna anche John Rhys-Davies, il Sallah dei capitoli precedenti.
La pellicola inizia con un flashback: il nostro Indie è alle prese con dei nazisti che hanno recuperato la Lancia di Longino, la lancia del centurione che ferì a morte Gesù in croce. L’astrofisico Jurgen Voller, al soldo di Hitler, dopo che la Lancia si è rivelata un falso, tenta di convincere il capò a portare al fuhrer l’Antykytera di Archimede: tale oggetto sembrerebbe avere il potere di prevedere varchi temporali e quindi consentire il viaggio in epoche passate.
Non serve essere troppo cattivi: la pellicola è piacevole ed è bene specificarlo. Tuttavia, vive di ciò che è stato Indiana Jones nei capitoli precedenti e stenta a prendere una sua indipendenza. Il regista, forse, troppo rispettoso e timorato dei due precedenti creatori, non ha voluto osare: una responsabilità troppo grande, certo, ma che era necessario prendersi per poter dare nuova vita al franchise (anche se sembrerebbe essere l’ultimo capitolo).
Se il quarto episodio, il Regno del teschio di cristallo, aveva deluso buona parte della fanbase – anche giustamente – è difficile non cambiare opinione a riguardo dopo questa pellicola. Partiamo dal fatto che, oltre la sequenza iniziale, le scene d’azione tipiche della saga diventano una macchietta di quelle di Mission Impossible: inseguimenti, su inseguimenti, in cui cambia solo il contesto. Viene a mancare anche tutta la componente di ricerca e disvelamento dell’oggetto misterioso. Infine, il più classico rompicapo che ci si potesse aspettare: giochi d’acqua, meccanismi e indovinelli. Solo l’epilogo del film sembra recuperare una parvenza di spettacolarità, tuttavia, fine a se stessa (per non parlare dell’eccessive inesattezze a livello storico, che possiamo anche perdonare).
Un’ultima considerazione importante riguarda il personaggio della Wallen-Bridge: aveva tutte le potenzialità per essere, non solo una forte spalla, ma anche un pari di Jones, reinventandone in parte la natura. Ma no, il suo personaggio stenta a prendere una propria strada, pur non essendo il solito comprimario femminile della saga.
Sì, andate in sala e divertitevi. Sebbene Harrison Ford sia non solo ormai anziano per il ruolo ma anche consapevole dei propri limiti, sebbene bastasse mettere da parte la fortunata saga e, piuttosto, tentare di ringiovanire questo filone avventuristico, nonostante tutto, nonostante la difficoltà del film a tener testa ai capitoli precedenti, Indiana Jones e il quadrante del destino sa intrattenere e lasciare anche meravigliati.
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