Scritto nel 1851 da Hermann Melville, Moby Dick, o La balena è il romanzo che si tramanda di generazione in generazione. Oggi, grazie al regista Ron Howard, viene riportato in auge il mito attraverso Heart of the sea – le origini di Moby Dick, trasposizione filmica dell’omonimo libro di Nathaniel Philbrick sulla vera storia del naufragio della baleniera Essex di Nantucket, affondata da un grosso capodoglio a largo dell’Oceano Pacifico. Il film è focalizzato sulle ambizioni personali di due personaggi speculari che si fronteggiano: il capitano della baleniera, Robert Pollard (interpretato da Benjamin Walker) e il suo primo ufficiale, Owen Chase (con il volto di Chris Hemsworth). Questa contrapposizione li porterà a una progressiva presa di coscienza e alla scoperta della verità su loro stessi e sui propri limiti, a seguito di un confronto con Madre Natura che ha preso le sembianze di un maestoso animale. «È il film più complesso che abbia mai dovuto girare. Ho dovuto attingere alle mia esperienza da altri film che ho creato per cercare di gestire tutti gli elementi e rendere il dramma personale dei personaggi che potesse avere un impatto importante» confessa Ron Howard. «La sequenza narrativa, la causa e l’effetto, la connessione che si instaura tra pubblico e personaggi è quel che mi interessa» continua il regista.
Heart of the sea – le origini di Moby Dick, ambientato negli anni venti dell’Ottocento, quando le città europee e americane venivano illuminate di notte grazie all’olio di balena raccolto proprio a Nantucket, offre una riflessione sull’avidità e sull’arroganza dell’essere umano che crede di essere al di sopra delle leggi della natura e dell’universo. Ecco che proprio Moby Dick viene paragonata, dai sopravvissuti all’attacco alla baleniera Essex, come la mano di Dio, punizione divina per la sete di denaro. «L’olio di balena diede un grosso impulso all’economia americana ed europea, una crescita che però implicava una terribile mattanza di capodogli» spiega il regista. «Era importante per me mostrarne la scioccante brutalità, perché il film non avesse il tono di un’avventura marinaresca tra ragazzoni. E va bene se al cinema il pubblico fa il tifo per Moby Dick, che come tutte le altre balene, è interamente creata al computer. Non avrei potuto regalare agli spettatori niente di così coinvolgente, altrimenti. Per trasformarla in un personaggio ci siamo avvalsi della collaborazione di prestigiosi studiosi, così che non sembrasse una balena hollywoodiana. Sono felice che la tecnologia sia in grado di sostenere le mie ambizioni di regista, ma al primo posto restano sempre la credibilità della storia e dei personaggi».
Alessandra Munafò
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