14 giugno 1940: nasce a Modena colui che sarà destinato a diventare una pietra miliare della musica italiana, Francesco Guccini. Cantautore, scrittore e compositore ha oggi compiuto 75 anni. Entrato di diritto nella poesia contemporanea italiana grazie all’armonia che imprime ai versi delle sue canzoni; suona principalmente la chitarra folk, strumento tipico delle sue composizioni.
Francesco Guccini ha un’infanzia da paese di montagna, come racconta nel brano Addio: «Figlio d’una casalinga e di un impiegato, cresciuto fra i saggi ignoranti di montagna, che sapevano Dante a memoria e improvvisavano di poesia, io tirato su a castagne ed erba spagna». Il fiore dei suoi anni, invece, è un connubio di mondo universitario, politica (non nasconde il proprio orientamento verso la sinistra), giornalismo e musica. Guccini scrive canzoni mentre lavora come cronista alla Gazzetta di Modena. Il suo primo album esce, poi, nel marzo 1967 e si chiama Folk beat n.1: un 33 giri che già riflette l’impegno sociale dell’artista. Di una particolare e triste bellezza La canzone del bambino nel vento, conosciuta anche come Auschwitz, in quanto affronta il tema del genocidio ai danni degli ebrei da parte dei nazisti. l salto di qualità arriva con l’uscita di Radici, disco nel quale le radici trattate riguardano proprio l’esistenza del cantautore. Emblematica, all’interno dell’album, la canzone Locomotiva, inno della rivoluzione proletaria, una grande metafora basata su un treno: «Ma un’ altra grande forza spiegava allora le sue ali, parole che dicevano “gli uomini son tutti uguali” e contro ai re e ai tiranni scoppiava nella via la bomba proletaria e illuminava l’aria la fiaccola dell’ anarchia». In un altro pezzo del suddetto album, Guccini fa una dedica ai mesi dell’anno, il titolo è Canzone dei dodici mesi: «Giugno, che sei maturità dell’anno, di te ringrazio Dio: in un tuo giorno, sotto al sole caldo, ci sono nato io, ci sono nato io».
Il modenese produce, in tutto, 24 album, i cui brani riguardano svariati argomenti: dalle opere letterarie (vedi Signora Bovary e Don Chisciotte) a luoghi geografici connotati da un’aura di leggenda, come Bisanzio e Venezia, passando per i grandi nomi della Storia, fra i quali Cristoforo Colombo e Odysseus. Le sue canzoni parlano anche di uomini (per lui) importanti incontrati nel corso del suo personale cammino, si vedano Amerigo (che ripercorre le vicende del prozio Enrico Guccini) e Van Loon, (dedicata al padre). Dulcis in fundo è senza dubbio la tetralogia delle Canzoni di Notte, brani intrisi un alone filosofico. Del resto Guccini «con il coraggio di un Caboto tra le schiume» ha continuato sempre a cantare fuori dal coro, al contrario «dei moralisti a cui han chiuso i bar». Ha sempre continuato ad afferma «mi spiace non mi lego a questa schiera, morrò pecora nera», dando vita a quella poesia di chi è «solo alle quattro del mattino, con angoscia e un po’ di vino».
Ora «un altro giorno è andato» e il «cadetto di Guascogna che non sopporta la gente che non sogna» ha compiuto 75 anni. Il 14 giugno 2015 il Maestro si avvia alla senilità. Il suo album più recente, non a caso, si intitola L’ultima Thule. Di certo non si tratta, però, dell’ultima volta in cui i suoi estimatori lo ascolteranno con trasporto, anzi: la figura di Guccini ha spiccato e tuttora spicca nel territorio nazionale, come la tappa di un lungo percorso musicale dalla quale non si può prescindere. Ha dichiarato una volta Umberto Eco al riguardo: «Tenetevelo stretto uno come Guccini, perché una ballata di tredici strofe su una locomotiva non c’è nessuno al mondo che possa scriverla». E Giorgio Gaber, dal canto proprio: «Bolognesi! Ricordatevi: Sting è molto bravo, però tenetevi il vostro Guccini. Uno che è riuscito a scrivere 13 strofe su una locomotiva, può scrivere davvero di tutto».
Francesco Raguni
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